150 anni dopo la prima nave di emigranti Italiani in Brasile

19.02.2024

Forse non gliene frega niente a nessuno oggi, ma dopo quella nave oltre 1,7 milioni di italiani emigrarono in Brasile e da questi oggi discesero 33 milioni di oriundi, dei quali oltre il 70% calabresi, veneti e campani.

La nave che portò il primo nucleo di emigranti, (non parlo di italiani, uno dei primi a toccare il Brasile fu Americo Vespucci nel 1499), fu "La Sofia" con la prima grande ondata di italiani, di cui proprio 2 giorni fa si sono festeggiati i 150 anni dall'arrivo.

Foto Famiglia Italiana. Archivio Pubblico Espirito Santo
Foto Famiglia Italiana. Archivio Pubblico Espirito Santo

La nave che attraccò a Vitória con circa 400 passeggeri portati a coltivare il caffè, segnò l'inizio dell'immigrazione di massa italiana.

Il 3 gennaio 1874, il veliero a tre alberi chiamato La Sofia salpò dal porto di Genova con un carico di italiani, accompagnati da un medico e da un sacerdote, il gruppo si congedò dal rigido inverno, per poi arrivare 17 febbraio in Brasile, durante l'estate brasiliana a Vitória nello Stato di Espírito Santo.

Prima di questo gruppo, altri italiani si erano già stabiliti nel Paese, ma in numero minore e sporadicamente. Da La Sofia in poi, la migrazione si intensificò e rimase costante fino all'inizio del XX secolo.

42% di tutti gli stranieri arrivati in questo periodo in Brasile erano Italiani.

Il viaggio fu organizzato da Pietro Tabacchi un Trentino, che agli inizi degli anni '50 [sc. dell'800] si era rifugiato in Espirito Santo, a Nord di Rio de Janeiro, dove nel giro di qualche anno aveva messo in piedi una fiorente attività commerciale, basata soprattutto sull'esportazione di legname, a cui aveva affiancato l'acquisto di ingenti estensioni di terreno. Nel 1873 il Tabacchi stipulò un contratto con il governo di Rio de Janeiro che prevedeva l'inoltro di un certo numero di contadini europei nelle sue terre, ottenendo il finanziamento di una certa somma da parte del ministero dell'agricoltura. 

Piantagioni di caffè.
Piantagioni di caffè.

L'imprenditore avrebbe inserito questi lavoratori in una sua fazenda in cui avrebbero coltivato il caffè. Lo stesso Tabacchi si diresse in Trentino dove avvicinò gli emigranti. Con l'aiuto del suo conterraneo Pietro Casagrande riuscì alfine a mettere insieme un numeroso gruppo di famiglie, formato da quasi 400 contadini che partirono alla volta di Vitoria il 3 gennaio del 1874. Il contratto che i capifamiglia sottoscrissero con Tabacchi prevedeva che ogni famiglia avrebbe ricevuto 12 ettari di terra, pagabili in 5 anni ad un prezzo favorevole. Anche il trasporto dai villaggi trentini e sino a destinazione era a carico dell'imprenditore e così il vitto e l'alloggio per i primi 6 mesi. 

In contropartita gli agricoltori si impegnavano a lavorare per Tabacchi per un anno, col compenso del solo vitto, e per altri tre anni a richiesta dell'imprenditore e con compenso in danaro preventivamente pattuito.  

La cosa non andò a buon termine. La zona di colonizzazione, tanto per iniziare, era situata presso il 20esimo parallelo, a qualche chilometro dalla città portuale di Santa Cruz. 

Si trattava cioè di zona pienamente tropicale ed ubicata al livello del mare. Non offriva certo le migliori condizioni climatiche per le famiglie europee. Proprio a pochi chilometri dalla fazenda di Pietro Tabacchi c'era la colonia di S. Leopoldina. Soprattutto da ciò vennero le disgrazie dell'imprenditore trentino. I suoi coloni dapprima si ribellarono, poi qualcuno chiese la protezione del governo, altri se ne andarono alla chetichella. Dopo alcuni mesi di disavventure continue, Pietro Tabacchi morì.

Questa storia è ripresa da  "I colonizzatori della Valsugana". 

In realtà più che un colonizzatore tabacchi fu uno schiavista, o ne fu indirettamente il rappresentante. Esportò per soldi, gente che doveva sostituire gli schiavi (che normalmente erano in rivolta, viste le gravi condizioni a cui erano sottoposti), volendone fare un affare e sfruttando la mano d'opera per i suoi tornaconti, cosa poi copiata da molti proprietari terrieri, sia negli stati di Spirito Santo e Rio de Janeiro, come in quello di San Paolo.

Oltre all'eredità di oltre 30/40 milioni di discendenti stimati in Brasile e di altri 800.000 mila con cittadinanza italiana che vivono oggi nel Paese, il flusso migratorio ha influenzato l'economia, la società e la cultura brasiliana.

In praticamente tutto il processo di sviluppo del paese, sia nella fondamentale diversificazione che gli italiani hanno favorito sia nella produzione che nel consumo di beni, che nelle abitudini alimentari e hanno contribuito al processo di crescita che andò oltre l'esportazione di caffè".

Nella politica, negli studi e nella creazione dei primi sindacati, generando anche nuovi movimenti e pressioni sociali.

Politici, Ministri e Governatori e Presidenti della Repubblica.