È la natura a confronto con il consumismo?

27.11.2025

Non è il caso di trascinare la politica in questa vicenda. Anche perché, se lo facessimo, più di un parlamentare "progressista" dovrebbe preparare le valigie e lasciare il Paese.
Forse i sit-in che stanno nascendo in questi giorni dovrebbero concentrarsi su un tema molto semplice: la libertà, per un genitore o per un individuo, di vivere ed educare secondo le proprie convinzioni, purché non si arrechino danni reali e non si violi la legge. E, aggiungerei, nemmeno quei dieci comandamenti che molti di noi infrangono con facilità mentre criticano chi sceglie una vita più vicina alla natura.

Sostenere la "famiglia del bosco" significa difendere il libero pensiero e il diritto di preferire una vita essenziale, naturale, lontana da una modernità che spesso ci rende schiavi, piuttosto che cittadini liberi.

Per questo è stato organizzato un sit-in a Piazza Santi Apostoli, sabato 6 dicembre alle 14. Gli organizzatori lanciano un messaggio chiaro: "Lo Stato rispetti le sue stesse leggi, oppure le renda finalmente comprensibili".

Ma poi, queste leggi chi le ha fatte? Chi davvero non le rispetta? E perché io, essere vivo nato su questo pianeta, devo essere obbligato in tutto e per tutto? Le leggi devono esistere, sì, per una sana convivenza e soprattutto per difenderci gli uni dagli altri… ma cosa c'entra tutto questo con questa vicenda?"

La coppia anglo-australiana che vive da anni nei boschi di Palmoli (Chieti) — ormai nota come "la famiglia del bosco" — si è vista sottrarre i tre figli minori con un provvedimento del Tribunale per i minorenni dell'Aquila. Perfino alcuni avvocati li hanno lasciati soli, sostenendo che i genitori "si rifiutavano di modificare la loro abitazione".

La manifestazione nazionale del 6 dicembre a Roma, promossa da amici, concittadini e simpatizzanti, vuole opporsi a quella che viene considerata una misura sproporzionata, fondata più su un giudizio culturale che su effettivi rischi per i bambini.
Sulle pagine social si ribadisce la necessità di difendere il diritto dei genitori a educare i figli secondo i propri valori. I promotori chiedono il ricongiungimento familiare, ricordando che i bambini ricevevano affetto, cure e istruzione coerenti con uno stile di vita naturale e sostenibile.

Il caso ha acceso un ampio dibattito politico e mediatico: alcuni denunciano attacchi indiscriminati contro la presidente del Tribunale; altri vedono nella famiglia del bosco un simbolo della battaglia per la libertà educativa e per il riconoscimento di modelli familiari non convenzionali.

Uno dei punti più contestati riguarda l'homeschooling adottato dai genitori. Gli organizzatori spiegano che non si tratta di una pratica illegale:
«Non siamo contro la scuola — racconta Arianna Fioravanti, docente statale — ma chiediamo che lo Stato rispetti le sue stesse norme. I bambini seguivano un percorso di istruzione a casa, che pur diverso dalla tradizionale istruzione parentale, prevedeva comunque programmi e verifiche annuali. Ed è ciò che è stato fatto».

L'homeschooling, oltre ad essere riconosciuto in Australia — Paese d'origine della madre — è di fatto praticabile anche in Italia. «Se lo Stato riconosce la possibilità di studiare da casa — continua Fioravanti — come è avvenuto durante il Covid, quando i bambini sono rimasti seduti davanti a uno schermo per sei ore al giorno, è paradossale che quello stesso Stato oggi lo utilizzi come motivazione per sostenere che i ragazzi non socializzano. O si chiariscono le norme, oppure si rischia l'arbitrarietà: non puoi dirmi che posso educare mio figlio a casa e poi togliermelo perché sta… a casa».

Djàvlon

Fonte: RadioRadio