Falcomatà, il candidato per necessità: dalla classifica dei peggiori sindaci alla caccia del consiglio regionale per non sparire

28.08.2025

Fino a qualche mese fa, nessuno avrebbe scommesso un centesimo su una ricandidatura di Giuseppe Falcomatà. Dopo undici anni alla guida del Comune di Reggio Calabria, conclusi in un generale sentimento di disillusione e disaffezione, sembrava destinato al tramonto politico. Ultimo nelle classifiche nazionali sul gradimento dei sindaci, isolato nel suo stesso partito, l'idea di un addio definitivo alla scena pubblica appariva una certezza. E invece no. Il timore dell'oblio – e forse anche il rifiuto di un ritorno al "posto fisso" vinto a Milano come semplice impiegato amministrativo – hanno riacceso in Falcomatà la fiamma della sopravvivenza politica. Non della passione, ma della necessità.

Una candidatura costruita sul vuoto

Così, l'attuale sindaco ha deciso di tentare il tutto per tutto candidandosi al Consiglio Regionale. Una scelta che un tempo aveva liquidato con sufficienza, paragonandola a quella di altri politici minori come Antonio Billari o Giuseppe Giordano. Ma ora, quella che un tempo era una posizione da snobbare, diventa la sua unica ancora di salvezza. Un ripiego travestito da nuova sfida. Ma i numeri e il contesto sono tutt'altro che favorevoli.

Per essere eletto, Falcomatà dovrà conquistare oltre 10.000 preferenze personali, come dimostrano i precedenti: Irto nel 2021 ne ottenne 10.333, nel 2020 ne servivano oltre 12.000. Eppure, in città – dove tutti lo conoscono – il suo nome è ormai sinonimo di mala amministrazione e promesse disattese. In provincia, semplicemente non lo conoscono. Non si è mai fatto vedere né sentire. Da Sindaco Metropolitano è stato assente, lasciando il campo al suo vice Carmelo Versace, decisamente più attivo e presente.

Tra alleati smarriti e partito spaccato

A rendere tutto più difficile è il terremoto interno al Pd. Falcomatà non controlla più l'apparato, e l'ala maggioritaria del partito potrebbe perfino sostenere altri candidati. La rottura clamorosa con Giovanni Muraca – consigliere regionale eletto nel 2021 proprio con il sostegno di Falcomatà – è l'ennesimo strappo in una lunga lista di separazioni e tradimenti politici.

La dinamica è chiara: Muraca si è sentito pugnalato alle spalle da chi gli aveva promesso che non si sarebbe candidato. Falcomatà, invece, ha cambiato idea e ora ha bisogno di quella poltrona più di chiunque altro. Il risultato? Muraca si ricandiderà, ma contro di lui. E gli porterà via voti.

Ma la frattura con Muraca non è isolata. Nel corso del suo mandato, Falcomatà ha perso per strada quasi tutti: assessori, consiglieri, vice, amici storici. Una carriera fatta più di separazioni che di conquiste. E oggi si ritrova solo, in un partito lacerato e con avversari che, a differenza sua, hanno ancora una base di consenso reale.

Il comune in standby… di nuovo

Intanto, a Reggio Calabria il tempo si ferma. Il sindaco non ha bisogno di dimettersi per candidarsi, quindi tecnicamente resterà in carica. Ma in pratica, tutta l'Amministrazione sarà impegnata nella sua campagna elettorale, lasciando la città in balia dell'immobilismo per un altro mese e mezzo.

Se dovesse perdere, Falcomatà rimarrebbe formalmente sindaco fino a fine mandato – altri sette mesi – ma senza più alcuna legittimazione politica. Se invece vincesse, decadrebbe automaticamente dopo la proclamazione, presumibilmente a fine ottobre. A quel punto il Comune passerebbe in mano a un facente funzioni. Oggi è il vicesindaco Paolo Brunetti, ma essendo espressione di un partito alleato e non del Pd, è difficile immaginare che il Partito Democratico rinunci a gestire il passaggio di consegne.

L'ultima mossa: scegliere ora il futuro candidato sindaco?

A questo punto, per il Pd si presenta una possibilità interessante – o un potenziale errore fatale, se gestita male. Il nome del facente funzioni, quello che guiderà la città nei sette mesi che precederanno le elezioni comunali del 2026, potrebbe – e forse dovrebbe – coincidere con quello del prossimo candidato sindaco. Un nome da lanciare subito, per dargli tempo, visibilità e una piattaforma amministrativa da cui parlare. Ma riuscirà il partito a fare una scelta coerente e strategica? I precedenti lasciano più di un dubbio.

Conclusione: Falcomatà, fine corsa o ultima curva?

La candidatura di Giuseppe Falcomatà al Consiglio Regionale è tutto fuorché un atto di coraggio. È un tentativo disperato di restare aggrappato a un sistema da cui è stato gradualmente escluso. I numeri non sono dalla sua parte, gli ex amici neppure, e la città che ha amministrato – o, secondo molti, mal gestito – non sembra più disposta a dargli fiducia.

Ma la politica, si sa, ha logiche imprevedibili. E a volte anche chi sembra sconfitto riesce a sopravvivere. Tuttavia, se anche riuscisse a conquistare uno scranno a Palazzo Campanella, sarebbe il simbolo perfetto di una politica che non sa andarsene, nemmeno quando dovrebbe.

Perché candidarsi non è sempre sinonimo di leadership. A volte è solo una fuga. E questa, per Falcomatà, lo è in pieno.

Djàvlon