FBI non crede che Kirk sia stato ucciso come è stato riportato

23.09.2025

Negli attentati politici di alto livello siamo abituati a uno schema quasi fisso: l'FBI fornisce la versione ufficiale, mentre i cosiddetti "complottisti" di mezzo mondo si affannano a metterla in discussione. Questa volta, però, il copione sembra essersi rovesciato.

Sull'omicidio di Charlie Kirk, la narrazione mediatica si è mossa con la consueta rapidità: il colpevole sarebbe Tyler Robinson, assassino solitario appostato sul tetto di un campus. Ma a sorprendere è che sia la stessa FBI, per bocca del suo direttore Kash Patel, a sollevare dubbi durante il funerale della vittima.

Patel non ha usato giri di parole: «Stiamo indagando in modo meticoloso su vari punti interrogativi: il luogo esatto da cui è partito il colpo, la possibilità di complici, la confessione via SMS, le chat di Discord, l'angolazione dello sparo, il trasporto dell'arma e persino certi gesti delle mani osservati vicino a Charlie al momento dell'assassinio».
Un elenco che sembra la check-list di chi non si fida affatto della versione ufficiale. E a qualcuno è sembrato che mancasse solo la frase: "stiamo valutando possibili mandanti stranieri".

Le perplessità non finiscono qui. Candace Owen, amica intima di Kirk, ha raccontato di aver visto filmati mai diffusi finora, ripresi da una telecamera alle spalle della vittima. A suo dire, in quelle immagini non si noterebbe alcun foro d'uscita sulla schiena, elemento che metterebbe in crisi l'ipotesi di un colpo frontale. Se il proiettile fosse invece arrivato lateralmente, ciò che oggi viene interpretato come "foro d'ingresso" frontale potrebbe in realtà essere il punto di uscita di un proiettile sparato da destra. Una differenza non da poco.

Anche i presunti messaggi di Robinson al suo "boyfriend" alimentano dubbi. Più che chat autentiche, sembrano la caricatura di una confessione: termini antiquati per un ventenne ("my love"), dettagli superflui e autoincriminanti come «ho nascosto il fucile nel bosco avvolto da uno straccio». Tutto suona troppo artificiale, tanto che qualcuno ipotizza possano essere stati generati da un'intelligenza artificiale per costruire prove a tavolino.

Alla luce di tutto ciò, viene naturale chiedersi: se la stessa FBI apre scenari alternativi, fino a ipotizzare complici o dinamiche diverse, con quale credibilità Patel potrà un domani sostenere la versione del "killer solitario" Robinson?
E soprattutto: perché i media mainstream hanno subito rilanciato la narrazione ufficiale, senza il minimo dubbio, quando era l'agenzia investigativa più alta del Paese a non crederci fino in fondo?

Forse la vera domanda è questa: stiamo assistendo a un caso isolato di incoerenza investigativa o a un nuovo paradigma, in cui la verità diventa terreno conteso persino dentro le istituzioni che dovrebbero garantirla?

Djàvlon