Il Brasile a rischio guerra civile

07.08.2025

Nessuno in Italia e Europa ne parla.

Sono sinceramente scioccato. La politica internazionale è ormai diventata un tabù, soprattutto in Europa e in Italia. 

Che il giornalismo tradizionale non parli di certe verità, non è più una sorpresa. Da tempo ha smesso di essere uno strumento di informazione per diventare un mezzo di gestione del consenso. Parlano solo di ciò che garantisce un ritorno: politico, economico o ideologico. Le posizioni sono chiare solo quando servono a incassare qualcosa. Il resto? Silenzio o manipolazione.

Anche nei programmi più critici e non allineati – da Visione TV a ByoBlu – si tace su ciò che sta accadendo in Brasile.

Capisco che i capi di Stato europei evitino l'argomento per convenienza. Macron ha trovato in Lula l'alleato perfetto per continuare lo sfruttamento del Brasile, come la Francia ha sempre fatto. La Gran Bretagna, addirittura, sogna da tempo di mettere le mani su un pezzo d'Amazzonia. L'Europa fa finta di nulla. La Russia, per non disturbare l'alleato BRICS, resta in silenzio. La Cina spera di prendersi un mercato che con Bolsonaro era in piena crescita.

Il risultato? Un colossale blackout informativo, persino nei circuiti alternativi.

Eppure, gli Stati Uniti — per quanto discutibili in molte altre aree — sono oggi l'unico Paese che ha preso una posizione netta e dura contro la nuova dittatura giudiziaria brasiliana, guidata da colui che un tempo era l'avvocato di uno dei peggiori cartelli criminali del Brasile: oggi è il vertice del Supremo Tribunale Federale, e il principale artefice del golpe elettorale condotto tramite urne elettroniche e algoritmi manipolati.

Ha incarcerato donne, anziani, perfino bambini, solo perché protestavano pacificamente contro un evidente furto elettorale. Ha accusato l'ex presidente di un tentativo di colpo di Stato – attribuendogli le colpe di ciò che in realtà stavano facendo loro. Lo ha messo agli arresti senza prove, in pieno stile venezuelano. Giornalisti, deputati e persino senatori eletti sono stati esiliati o arrestati, solo perché avversari politici. Una dittatura giudiziaria vera e propria, sotto gli occhi del mondo.

Ma l'Europa tace. Perché Lula, ex detenuto accusato di corruzione e altri crimini gravi, fa comodo. Fa comodo a chi continua a usare il Brasile come una colonia da cui estrarre ricchezze e risorse.

Oggi, Trump ha reagito: dazi astronomici, sospensione dei visti, e applicazione del Magnitsky Act, la legge americana che consente sanzioni contro chi viola gravemente i diritti umani. E mentre il Brasile, per bocca del giudice-dittatore, ha definito gli USA "nemici", milioni di brasiliani sono scesi in piazza, e il rischio di una guerra civile è più reale che mai.

Ma in Italia? In Europa? Silenzio totale.

Perché la verità, evidentemente, dà fastidio. E la libertà del popolo brasiliano interessa solo finché non tocca gli interessi delle élite europee.

Ma il suo popolo lo ama.

Le manifestazioni di domenica scorsa hanno sorpreso per la loro portata: milioni di persone sono scese pacificamente in piazza in tutto il Brasile, sventolando slogan in favore di Bolsonaro e della libertà e dell'amnistia ai poveracci arrestati ingiustamente..

Nonostante l'assenza dell'ex presidente, impedita da una decisione (del dittatore giudiziario), la partecipazione è stata massiccia. In molti, anche tra gli organizzatori, temevano un flop che avrebbe fornito munizioni agli avversari. Invece, il successo ha ribaltato le aspettative e dimostrato che il movimento non dipende più esclusivamente dalla sua presenza fisica.

C'è chi si chiede se Bolsonaro sia ancora indispensabile. Ma chi conosce la leadership sa che la vera forza di un leader si misura quando i suoi seguaci continuano a difendere i suoi ideali anche in sua assenza.

Come insegna il noto psichiatra brasiliano Paulo Gaudencio, un vero leader è colui che trasmette una visione così forte da spingere i suoi seguaci a portarla avanti autonomamente. E questo è esattamente ciò che sta accadendo: i brasiliani scendono in piazza per Dio, la Patria, la Famiglia e la Libertà, anche senza la presenza del loro leader.

Bolsonaro non ha perso influenza: al contrario, ha trasformato la sua figura in un simbolo. E questo spaventa i suoi oppositori.

Da libero, è un trascinatore. Ma da incarcerato diventerebbe l'incarnazione di un'idea ancora più potente, capace di mobilitare masse e ispirare una resistenza culturale e politica duratura. Ecco perché molti tra i suoi nemici non sanno cosa temere di più: Bolsonaro in libertà… o Bolsonaro in prigione?

Masaniello Pasquino 

Le notizie alternative a quei giudici e alla falsa ufficialità del Governo Brasiliano le potete leggere su https://www.gazetadopovo.com.br</p> ; https://revistaoeste.com/</p> ;