Il Muro di Berlino è caduto il 9 novembre 1989, o si è spostato in Ucraina?

09.11.2025

l Muro di Berlino è stato uno dei simboli più potenti e tragici della Guerra Fredda. Eretto nel 1961 con l'intento di impedire che l'intera popolazione della Germania dell'Est emigrasse verso quella dell'Ovest — sostenuta dal Piano Marshall — divise in due non solo la città di Berlino, ma anche l'intera Germania e, metaforicamente, il mondo intero.

Feste, fasti e fiumi di parole seguirono alla sua caduta, ma se facciamo oggi un'analisi a freddo, quel muro sembra essersi semplicemente spostato di un paese: dalla Germania all'Ucraina. Non con gli stessi risultati, certo — lo scopriremo solo dopo gli inevitabili accordi di pace tra la stessa Ucraina e la Russia — ma per il fatto che NATO, Stati Uniti ed Europa hanno deciso di spingere troppo sull'acceleratore, e Putin, con la Russia, ha risposto per le rime.

Lontano da me l'intento di schierarmi con gli uni o con gli altri — entrambi colpevoli di milioni di giovani morti in una guerra che avrebbe potuto essere evitata — cerco solo di analizzare le cosiddette proposte di pace: un "cuscinetto" tra Ucraina e Russia, o addirittura un paese sconfitto e quasi annientato (per la follia del suo capo e di certi leader europei che si sono inchinati ai voleri di un uomo incapace persino di firmare i propri documenti). Il risultato? Una nuova divisione: da una parte la NATO, dall'altra i BRICS.

Il 9 novembre 1989 è caduto un muro che segnò non solo la fine di una barriera fisica, ma anche l'inizio di una nuova era per l'Europa e per il mondo. Eppure, invece di cogliere quell'occasione, siamo riusciti a riproporlo: un po' più lontano, ma molto, molto più alto e impenetrabile.

Non mi soffermo qui sulle ragioni che portarono alla costruzione del muro. I russi sostenevano di averlo eretto per fermare l'emigrazione dovuta alla carestia, mentre nella Germania Ovest — finanziata da Stati Uniti, Gran Bretagna e altri — l'economia ripartiva a gonfie vele. Gli occidentali, invece, lo considerarono il frutto della cattiveria e dell'incapacità di Stalin.
La verità, forse, è che il primo caso fu solo una scusa, e il secondo un pretesto per tentare di abbattere definitivamente la Russia, allora Unione Sovietica.

Alla fine, l'unica cosa che siamo riusciti a fare è stata perdere tempo e ritrovarci in una situazione peggiore. Una pessima gestione dei rapporti internazionali — che, per esempio, Silvio Berlusconi aveva cercato di ricucire — ha finito per erigere un nuovo muro.

E allora, cosa festeggiamo davvero il 9 novembre?
Festeggiamo l'ascesa al potere di Napoleone Bonaparte in Francia, nel 1799?
L'arrivo al comando dell'esercito italiano del generale Armando Diaz nel 1917, al posto di Luigi Cadorna, durante la Prima guerra mondiale?
Oppure l'elezione di Donald Trump, il 9 novembre 2016, alla presidenza degli Stati Uniti — che qualcuno spera possa ancora contribuire a traghettare il mondo verso una pace duratura, evitando un nuovo muro tra noi e i nostri fratelli nel mondo?

Speriamo sia quest'ultima, perché, oggi la caduta del muro di Berlino, non è una giorno di festa, ma di riflessione profonda.

Andrea Ruggeri