In Perù le chiacchiere sono finite

11.10.2025

Perù, il Paese dove le chiacchiere sono finite

Sette presidenti in nove anni: la crisi morale e politica senza fine di Lima

"Incapacità morale permanente." È questa la formula ricorrente, quasi rituale, con cui il Parlamento peruviano continua a decapitare i propri presidenti. Un'espressione tanto ambigua quanto efficace, e in questo caso VERA, usata ancora una volta per far cadere un capo di Stato. Con Dina Boluarte, destituita nella notte di Lima, il Perù tocca quota sette cambi di presidenza in nove anni.

Boluarte, salita al potere alla fine del 2022 dopo la destituzione di Pedro Castillo, è stata travolta da una manovra congiunta di centro e destra, culminata con il via libera di Fuerza Popular, il partito conservatore-populista di Keiko Fujimori.

La presidente era ormai ai minimi storici di popolarità, logorata da scandali di corruzione e dalla crescente rabbia popolare. Ma la scintilla è stata la rivolta dei giovani, una Generación Z peruviana scesa in piazza per denunciare la disoccupazione, la violenza e l'impunità.

Il Paese è ormai ostaggio di bande criminali e racket organizzati: estorsioni, sequestri e omicidi sono diventati quotidianità. L'episodio che ha scatenato la rivolta è stato il più simbolico: gli spari contro il palco della storica band di cumbia Agua Marina, durante un concerto a Lima. Un attentato al cuore della cultura popolare, che ha mostrato come anche la musica non sia più al sicuro in un Paese dominato dalla paura e dal silenzio.

Dietro le proteste c'è un malessere profondo. Il Perù è oggi il secondo produttore mondiale di coca dopo la Colombia, e la penetrazione dei cartelli del narcotraffico nelle istituzioni è palpabile. La corruzione è sistemica, e il lavoro informale – che coinvolge sette cittadini su dieci – riflette un'economia fragile e diseguale.

Ma il paradosso più grande è che il Parlamento che depone i presidenti è esso stesso l'istituzione più detestata del Paese. Un mosaico di una ventina di partiti che si alleano e si tradiscono a ritmo di votazioni lampo, per garantirsi la sopravvivenza politica più che la stabilità nazionale. Il peggio che in tutta l' America Latina i parlamenti non sono più da tempo la vera espressione del popolo, cacciando e appoggiando a seconda del loro interesse, politico e finanziario.

Nella stessa notte della caduta di Boluarte, il Congresso ha nominato José Jeri, 39 anni, capo del Legislativo, come presidente ad interim. Ma anche su di lui pendono accuse di corruzione e violenza sessuale. Dovrebbe traghettare il Paese verso nuove elezioni, previste per l'aprile 2026.

Sempre che – ironia della storia – non arrivi un altro improvviso giro di giostra.

Masaniello Pasquino