La chiave del Ritorno
Tempo fa ho letto un articolo di un collega che si chiamava "The key of return"(La chiave del ritorno) e l'ha scritto Farrah Akbik, una giornalista e scrittrice di origine britannico-siriana-marocchina, il suo nome in arabo significa gioia o felicità, speriamo che sia di buon auspicio.
Si trattava della storia di un palestinese, vissuta in prima persona, di quando la famiglia è stata costretta a lasciare Safed nel 1948, e ha ancora la chiave di casa appesa al muro del suo piccolo appartamento a Damasco.
Ma non è un caso, i palestinesi hanno ancora le chiavi delle case da cui sono fuggiti decenni fa, molti ... vivono anche bene, ma non dimenticheranno mai di essere stati cacciati dalla loro casa, dalla loro terra, dalla loro vita ... e ora.
La chiave del ritorno, è tornata in voga proprio in questi giorni dove un signore vestito di stracci sporchi, ferito, camminando verso l'ignoto, con un piccolo fagotto della sua vita, ma in quel fagotto aveva ... la chiave della sua casa ..., perché un giorno, io o qualcuno della mia famiglia ... se vivo ... potrà tornare.
Gli israeliani sono tornati ... dopo secoli lontani ... ad un costo di sangue infinito ... ed è un fatto ..., ma quando potranno tornare i palestinesi? E a che costo?
Per noi europei è difficile capirli, pensate se i discendenti dei Vichinghi volessero le terre promesse dei loro avi, se le volessero i Galli, gli Unni, gli Ostrogoti, addirittura i Romani o i Greci.
Oggi ormai è in corso una forte campagna militare iniziata da anni e non ora, contro la Striscia di Gaza, poi Cisgiordania e Libano sud. È in corso un programma di pulizia etnica anche internamente a Gerusalemme. È in corso un sistema di Apartheid progettato specificamente per spingere un numero sempre maggiore di palestinesi (o ormai tutti) fuori dalle loro case e terre ancestrali e per popolarle di coloni. Più ingiustizia, più persone sulle strade dell'esodo che portano ancora più chiavi.