L'Inferno di Reggio e Messina
L'alba infernale di Reggio e Messina nel dicembre del 1908: così il terremoto in 37 secondi seminò morte e distruzione.
Come non ricordare un evento che ha segnato profondamente la storia di un territorio e la vita di così tante persone?

Il 28 dicembre 1908, all'alba, poco dopo le 5:21, la terra tremò e le acque dello Stretto si levarono con violenza, abbattendosi su Reggio Calabria e Messina. In soli trentasette secondi, un catastrofico terremoto, con magnitudo pari a 7,1 della scala Richter (XI Mercalli), devastò le due città, portando morte e distruzione.
È difficile per me non pensare a questo tragico evento, sapendo che l'80% dei miei antenati paterni di quel tempo sono stati perduti in questa calamità. Tra loro, il bisnonno Luigi, la moglie, il fratello con tutta la sua famiglia, le tre figlie e il figlio minore, insieme a gran parte della sua fabbrica tessile, e 60% dei funzionari della stessa, che furono spazzati via.

Solo nonno Andrea sopravvisse, motivo per cui oggi posso raccontare questa storia, proprio come fece Matilde Serao, storica fondatrice de Il Mattino.
Matilde esprimeva il suo dolore per la devastazione della sua amata città con parole che risuonano ancora oggi: «Ti rivedo, come in un lontano sogno pieno di rimpianto, cara città di Reggio, cara città della Fata Morgana».
L'alba di quello storico 28 dicembre è passata alla storia come il momento in cui la natura scatenò la sua furia, causando il più grave disastro sismico in Europa per numero di vittime e uno dei peggiori in Italia, paragonabile solo all'eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., narrata da Plinio il Giovane.
La scossa violenta devastò gran parte del patrimonio architettonico e umano delle due città. Case, scuole, chiese e ospedali crollarono, mentre la paura e la disperazione si diffondevano tra la popolazione. L'epicentro del sisma si trovava nel reggino, tra Archi e Ortì Inferiore.
Messina subì le perdite più gravi, con il 90% dei suoi edifici distrutti.
Durante quei lunghi e terribili trentasette secondi, la vita di tutta una comunità venne stravolta, trasformando il paesaggio e i destini di milioni di persone. I danni non si limitarono solo alle città costiere, ma si estendevano nell'entroterra, provocando un disastro che si diffuse lungo una vasta area di oltre 6000 km².
I soccorsi e le polemiche
Il dramma dell'evento non si limitò alla scossa: i soccorsi furono inizialmente insufficienti e tardivi. Le prime navi ad intervenire furono quelle russe, con l'incrociatore Aurora che offrì aiuto immediato e recuperò superstiti dalle macerie, e dove alcuni di loro morirono o furono seriamente feriti, marinai che ancora oggi chiamiamo "Angeli venuti da Mare" salvando migliaia di persone a Reggio, Villa San Giovanni e Messina.
Al contrario, i soccorsi italiani, organizzati durante una riunione del Consiglio dei Ministri guidato da Giovanni Giolitti, giunsero solo vari giorni dopo, sollevando indignazione e polemiche. Nonostante l'Italia fosse unita (per lo meno così dicono gli amanti del risorgimento, non proprio sopportati dalle dichiarazioni al sud) la solidarietà internazionale si fece sentire: diverse nazioni, oltre ai russi e agli inglesi, inclusi svizzeri e norvegesi, contribuirono a fornire sostegno e assistenza ai sopravvissuti.
Memoria e ricostruzione
Oggi, il ricordo del terremoto è custodito anche nei documenti e nelle testimonianze storiche, conservati presso l'Archivio di Stato di Reggio Calabria. Quella documentazione racconta i passi verso la ricostruzione, un processo lungo e complesso, fatto di polemiche, richieste di aiuto e sussidi.
Fu proprio grazie a quegli eventi che prese forma la consapevolezza della necessità di costruire edifici più sicuri e resilienti, dando origine a norme edilizie antisismiche.
La memoria di quel sisma è viva, non solo attraverso i documenti, ma anche nella cultura e nella comunità.
In famiglia ogni tanto ne parliamo, ma con rispetto, sembra esserci sempre un vuoto storico in famiglia.
Le storie dei bisnonni e del nonno si fermano sempre alle 5:21 di quel giorno.
La letteratura, come evidenziato dallo scrittore calabrese Mimmo Gangemi nel suo lavoro "Terremoto, 37 secondi", rende omaggio a un evento che ha cambiato per sempre la fisionomia delle due città.
Un legame che resiste al tempo
A oltre un secolo dal terremoto, la commemorazione degli eventi di quella tragica giornata continua a essere un momento di riflessione.
Ricordiamo i marinai russi, o "angeli venuti dal mare", che vengono onorati per il loro nobili gesto di solidarietà. Durante le cerimonie, i rappresentanti delle comunità bielorusse, georgiane, kazake, armene e russe in Calabria depongono fiori in segno di gratitudine. Un simbolo che, ancor oggi, rinforza i legami tra le diverse comunità presenti sul territorio.
La tragedia del 1908 ci insegna che, anche nei momenti di maggiore oscurità, la solidarietà e la umanità possono emergere come fari di speranza. Questa memoria perpetua non è solo un tributo al passato, ma anche un richiamo al futuro: continuiamo a costruire ponti di fratellanza tra i popoli, affinché la storia di aiuto e supporto possa illuminare anche le sfide di domani.
E chissà che qualcuno ricordando quegli Angeli pensi più alla pace e meno alla guerra.
Andrea Ruggeri