Mangi e ti scordi

15.11.2025

"Mangi e ti scordi": quando un detto popolare fotografa la pandemia meglio di mille rapporti

C'è un modo di dire del Sud, in particolare della Calabria e della Sicilia, che racchiude in quattro parole un'intera filosofia sociale: "Mangi e ti scordi."
Letteralmente: mangi e dimentichi.
Ma la sua forza non sta nella lettera: sta nel sottotesto.

Non significa che non ricordi di aver mangiato. E nemmeno che dimentichi cosa hai mangiato.

Il messaggio reale è un altro, molto più pungente:
trae beneficio da te, e poi fa finta di nulla.
Riceve un favore, un aiuto, un vantaggio… e poi non solo non ricambia, ma ti cancella.

È un modo di dire che parla di ingratitudine, di smemoratezza strategica, di comodità morale.
Ed è incredibile quanto questa espressione popolare si sia rivelata attuale negli anni della pandemia.

"Mangi e ti scordi" e la pandemia: un'Italia che dimentica troppo in fretta

Durante la pandemia da Covid-19, l'Italia ha vissuto uno dei periodi più drammatici della sua storia recente. Abbiamo applaudito medici, ricercatori, infermieri. Abbiamo parlato di trasparenza, di errori da evitare, di responsabilità.

Poi, una volta "mangiato"—una volta ottenuto ciò che serviva—abbiamo dimenticato.

Dimenticato i documenti spariti.
Dimenticato le promesse politiche.
Dimenticato gli impegni alla chiarezza.
Dimenticato perfino chi aveva provato a spiegare, a raccontare, a denunciare.

Ed è qui che il detto antico torna come un lampo:
"Mangi e ti scordi."

Francesco Zambon, OMS: l'uomo che ha raccontato ciò che non si voleva ricordare

La voce di Francesco Zambon, ex ricercatore dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, è uno dei simboli più chiari di questa dinamica. Ospite di Francesco Borgonovo a Calibro 9 su Radio Cusano Campus, Zambon ha ripercorso una storia che, al di là della tecnica, parla in modo quasi antropologico dell'Italia di quei mesi.

Zambon aveva partecipato alla realizzazione del famoso rapporto sulla gestione della pandemia in Italia, un documento durato pochissimo online e rapidamente ritirato.
Le sue rivelazioni hanno toccato un tasto dolente: la tensione tra trasparenza scientifica e convenienza politica.

Ed è difficile non riconoscere, nelle sue parole, un eco potente del nostro modo di dire:

Si è preso ciò che serviva dalla scienza, finché faceva comodo. Poi, "mangiato", si è dimenticato.

La memoria corta non è solo una debolezza individuale.
È una strategia collettiva.
Una forma di autodifesa.
O di autoinganno.

Il detto e il Paese: una radiografia sociale

La bellezza dei modi di dire popolari è che arrivano lì dove non arrivano i rapporti ufficiali, le commissioni parlamentari e i comunicati stampa.

"Mangi e ti scordi" descrive un comportamento ricorrente:

  • Ci ricordiamo delle persone quando ci servono.

  • Le celebriamo quando ci conviene.

  • Le oscuriamo quando diventano scomode.

  • Fingiamo di non aver mai promesso nulla.

Il Sud l'ha codificato con ironia e amarezza.
La pandemia lo ha mostrato in tutta la sua crudezza.

Quando un proverbio vale più di una conferenza stampa

Alla fine, ciò che Zambon ha descritto, ciò che la pandemia ha rivelato, ciò che l'Italia ha vissuto…
tutto questo potrebbe essere riassunto da una nonna calabrese in cucina:

"Figghiu miu, qui mangianu… e poi si scòrdanu."

E forse, prima di pensare a una riforma, a una nuova commissione, a una nuova emergenza, dovremmo partire da qui:
dalla capacità di non scordare dopo aver "mangiato".

Masaniello Pasquino