Meglio tenerli buoni quelli

Stiamo parlando dell'Italia e degli italiani.
E per farlo dobbiamo tornare a un principio antico, che Verdi conosceva bene:
"Torniamo all'antico e sarà un progresso."
Perché prima di parlare di futuro, dobbiamo ricordare chi siamo.
E chi siamo davvero non è stato "creato" nell'Ottocento, ma risvegliato.
Non esiste la nascita dell'Italia nel 1800: esiste la riunificazione di una identità che c'era già.
L'Italia "si desta", non "si crea"; l'elmo di Scipio non è un'invenzione patriottica moderna, ma un richiamo a radici antiche e profonde.
Oggi, essere rivoluzionari significa dire cose semplici:
l'Italia è una delle nazioni più antiche del mondo.
Perché affrontare questo tema?
Perché sono stanco di sentire ripetere che il nostro Paese sarebbe nato due secoli fa.
Nel dibattito europeo – e anche italiano – c'è una tendenza continua a minimizzare l'Italia.
La cosa curiosa è che a farlo non sono solo gli altri, ma molti italiani stessi, che passano il tempo a svalutarsi e a esaltare sempre ciò che è straniero.
Eppure la storia è chiara:
Roma prima e l'Italia poi sono state la madre delle nazioni.
Il meccanismo: «Meglio tenerli buoni quelli»
Qui entra in gioco la parte più importante, quella che spesso non viene detta.
Da due secoli circola un'idea comoda per molti:
meglio tenerli buoni quelli.
Meglio far credere agli italiani di essere piccoli, divisi, nati tardi.
Meglio raccontare loro che la loro storia è stata un incidente, un'aggiunta, una costruzione tardiva.
Meglio indebolire la loro identità, perché quando gli italiani prendono coscienza di sé diventano – inevitabilmente – protagonisti.
È successo nell'epoca romana.
È successo nel Rinascimento.
È successo negli anni '80 e '90, quando l'Italia era un colosso economico e culturale.
E ogni volta che l'Italia rialza la testa, qualcuno ripete:
"Meglio tenerli buoni quelli… meglio ricordargli che sono un Paese nato ieri."
È una strategia. Ed è una strategia che funziona, se noi la accettiamo.
Il riflesso politico e culturale
Ecco perché non è giusto gettare fango su Giorgia Meloni – o su qualsiasi governo italiano – solo perché gode di rispetto all'estero.
È giusto criticare, discutere, arrivare anche allo scontro politico interno: è la funzione del Parlamento.
Ma esportare il disprezzo verso la propria nazione è un autogol storico che paghiamo carissimo.
E allora cosa succede?
Succede che all'estero alcuni nostri rappresentanti politici parlano "in piccolo" perché noi pensiamo in piccolo.
Perché siamo stati convinti che siamo un Paese minore, nato da poco, ancora incompleto.
Il parallelismo con la Calabria
La stessa dinamica avviene in Calabria.
Diciamo ai nostri giovani:
-
"Qui non c'è nulla."
-
"Qui non si cresce."
-
"Lì fuori sì che si vive bene: Francia, Germania, Londra, Amsterdam…"
Ma poi dimentichiamo che chi ha costruito l'America, chi ha fondato comunità, città, imprese in tutto il mondo… siamo stati proprio noi.
Gli italiani.
I calabresi.
La nostra gente.
E se un giovane cresce sentendo dire che la sua terra non vale niente, che il suo Paese è nato ieri, che la sua identità è debole…
che tipo di uomo o donna diventerà?
Come pretendiamo che ami l'Italia, se gli abbiamo insegnato a non rispettarla?
Come pretendiamo che un politico pensi in grande, se il suo popolo è convinto di valere poco?
L'antico che ci salva
E allora sì: torniamo all'antico.
Non per nostalgia, ma per progresso.
Smettiamo di parlare dell'Unità d'Italia come di una ferita, le violenze fatte al Sud (realmente fatte da Garibaldi e amici) devono appartenere al passato, con la costruzione di infrastrutture come il ponte, e il potenziamento di aeroporti, ferrovie, strade, trasporti efficienti. Batsa con i NO e le critiche politicizzate al paese e al Sud.
Questa narrazione ha diviso e indebolito un popolo già stanco.
L'Italia non è stata "creata":
si è risvegliata, come deve farlo la Calabria.
E ogni volta che si risveglia, diventa un gigante.
Ed è proprio per questo che qualcuno, da sempre, preferisce dire:
"Meglio tenerli buoni quelli…"
Ma i popoli antichi dormono, non muoiono.
E quando si svegliano, fanno storia.
Andrea Ruggeri
