Memoria Storica e Coesione Sociale

06.03.2023

di Giuseppe Gangemi

Durante una conversazione sul libro di Carlo Levi "Cristo si è fermato a Eboli" l'amico Carmelo Barra mi ha fornito lo spunto per riflettere su memoria storica e coesione sociale.

Carmelo sostiene che la disgregazione sociale al Sud Italia, la mancanza di una comunità coesa, impediscono la formazione della memoria storica.

Io sostengo il contrario cioè che la deliberata cancellazione del nostro passato da parte dello Stato unitario, la mancanza di una narrazione veritiera e condivisa sulle nostre origini, ostacolano la consapevolezza e il senso di appartenenza favorendo l'anomia e i luoghi comuni.

Dopo l'Unità per giustificare il totale abbandono e lo sfruttamento del Sud da parte del nuovo Stato si sono costruite la Questione Meridionale e la mitologia della fondazione chiamata Risorgimento.

Le varie commissioni parlamentari, compiacenti allora come adesso con i politici che le costituiscono, osservando porzioni limitate di territorio attribuirono al latifondo e all'arretratezza dei rapporti tra agrari e contadini i problemi dei meridionali, omettendo che questi problemi esistevano in tutto il territorio italiano e anche all'estero, che oltre a un Meridione agricolo era esistito un Sud industriale con un milione e mezzo di addetti e che la rivoluzione industriale nella penisola italiana nacque nel Regno delle Due Sicilie grazie alla lungimiranza dei governi borbonici influenzati dall'illuminismo.

Altri studiosi come Pasquale Villari e l'allievo Giustino Fortunato, poiché ricoprivano cariche governative, furono ambigui e considerarono i mali del Sud antichi o dovuti alla fragilità naturale del territorio soggetto a eventi climatici avversi e a terremoti.

Pochi intellettuali come Guido Dorso e Antonio Gramsci ebbero il coraggio di denunciare la politica dell'epoca. Dorso scrisse: "Il Mezzogiorno non ha bisogno di carità, ma di giustizia; non chiede aiuto, ma libertà".

Reale Opificio Borbonico di Pietrarsa. La prima fabbrica, in Italia, di locomotive, rotaie e materiale rotabile.

Da alcuni anni si fa strada una narrazione autentica della storia del Sud: L'amico storico Massimo Genua nei suoi volumi editi da Pellegrini ci illustra la grandezza e l'importanza storica e artistica del Meridione fino al declino unitario, mentre Nicola Zitara ha denunciato senza reticenze e con forte indignazione il malgoverno e i brogli a danno del Sud che hanno ridotto il nostro territorio a colonia interna del Nord Italia.

In un nuovo libro in preparazione che si chiama "Il Meridione d'Italia prima dell'Unità", il professore Genua evidenzia il progresso raggiunto dal Meridione in tutti i settori fino al 1860 e lo confronta con gli altri stati preunitari. Da queste pagine, che ho avuto il privilegio di leggere per primo in qualità di correttore delle bozze, si evincono il maggiore sviluppo a Sud delle scuole e delle università, delle finanze, delle banche e dei trasporti, delle industrie, della salute, della ricerca scientifica e persino dell'agricoltura per la quale i Borboni fecero una autocritica e promisero maggiore impegno.

Reggia dei Borboni
Reggia dei Borboni

Se il Sud rimpiange il suo passato, il Nord che ha beneficiato dell'Unità non ride: l'attualità, in particolare la Guerra in Ucraina, ci dimostra come l'Italia intera sia fortemente condizionata dagli Stati Uniti, dall'Inghilterra, dalla Francia e dalla Germania e che: 

il Paese rischia di perdere la sovranità residua diventando un'area marginale dal punto di vista politico ed economico.


Giuseppe Gangemi