Minasi sicura che vuole Il ritorno della censura religiosa?

"Il ritorno della censura religiosa? Il DDL 1496 e il pericoloso scivolamento verso lo Stato etico"
di Andrea Ruggeri
Una proposta di legge, apparentemente pensata per contrastare gli abusi psicologici e le derive settarie, rischia di trasformarsi in un attacco frontale alla libertà religiosa e al diritto di culto sancito dalla nostra Costituzione. Il DDL n. 1496, presentato al Senato il 22 maggio 2025 da un gruppo di senatori della Lega (Minasi, Stefani, Bongiorno e altri), introduce il reato di "manipolazione mentale" con l'obiettivo di combattere le cosiddette "psicosette". Ma una lettura più attenta e critica del testo solleva interrogativi inquietanti e fondamentali per ogni cittadino libero.
La proposta di legge parte da un presupposto corretto: esistono realtà in cui individui vulnerabili vengono manipolati e sfruttati. Tuttavia, il modo in cui il DDL è costruito appare vago, pericolosamente estensivo e apertamente discriminatorio nei confronti di comunità religiose e spirituali non riconosciute dalle élite istituzionali. Il rischio, evidente a chiunque abbia un minimo di sensibilità democratica, è che si arrivi a colpire non tanto i reati già perseguibili dal codice penale (abusi, violenze, truffe), quanto l'essenza stessa della libertà di credo.
Il linguaggio del disegno di legge è allarmante: si parla di "guru", "maestri", "santoni" e di "lavaggio del cervello", evocando un immaginario da caccia alle streghe. Si prevede la creazione di un archivio centrale con nomi di leader spirituali, adepti e sedi, una misura che sa di schedatura ideologica più che di tutela del cittadino. Un tale impianto legislativo, se approvato, potrebbe trasformarsi facilmente in una macchina repressiva pronta a colpire qualsiasi forma di spiritualità non conforme all'ortodossia dominante.
Sorge spontanea una domanda: se la "manipolazione mentale" è il criterio, allora perché non includere anche tutte le religioni storiche, compresa la Chiesa cattolica, che impone voti di castità, obbedienza e povertà a chi decide di servire la propria fede come sacerdote o suora? Perché non includere l'imam che guida spiritualmente la sua comunità? Il rabbino che orienta i giovani alla vita religiosa? O il pastore evangelico che consacra la propria esistenza al "gregge"?
Il vero problema, allora, non sono le "sette", ma la definizione di cosa sia religione e cosa non lo sia. E chi decide. Se a stabilirlo sono le stesse "signore da salotto" che guardano con sospetto ogni espressione religiosa non tradizionale mentre sorseggiano tè e discutono del meteo, allora siamo in grave pericolo. L'Italia, Paese fondato sulla libertà di culto (articolo 19 della Costituzione), rischia di regredire a uno Stato etico che stabilisce quale credo è legittimo e quale no.
Il DDL 1496 è un boomerang giuridico e culturale. Con il pretesto di difendere i deboli, cancella il diritto di scelta. Con il linguaggio della sicurezza, minaccia la libertà. Con l'apparenza della tutela, esercita un controllo ideologico su ciò che possiamo o non possiamo credere.
E ancora più grave: equipara la spiritualità al crimine. Fa coincidere la vocazione religiosa con una forma di patologia. Trasforma la guida spirituale in manipolatore. E, in definitiva, getta un'ombra oscura su chiunque scelga di vivere secondo valori diversi da quelli dominanti. Non combatte l'abuso. Cancella la diversità.
In un Paese già profondamente segnato dalla diffidenza verso il nuovo e il diverso, questa proposta di legge rischia di alimentare una nuova forma di inquisizione, dove non contano più le azioni ma le intenzioni, non i reati ma le convinzioni, non le prove ma le suggestioni.
Dobbiamo vigilare. E resistere. Perché oggi chiamano "setta" ciò che non comprendono. Domani potrebbero chiamare "manipolazione mentale" ogni scelta di fede. E a quel punto, nessuno sarà più al sicuro.
Nota finale:
Carissima Tilde Minasi, mia Senatrice, da quale setta è stata condizionata, per esternare un progetto di legge così divisivo? Il diritto alla libertà religiosa è sancito non solo dalla nostra Costituzione, ma anche dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Ogni tentativo di limitarlo, anche con le migliori intenzioni, va contrastato con fermezza e chiarezza. Perché la libertà non si difende con i divieti, ma con il dialogo. E la giustizia non si realizza criminalizzando il credo, ma punendo i crimini.
Andrea Ruggeri