Roma nascosta, Roma cara, Roma nel bene e nel male

In pochi giorni Roma è diventata l'epicentro di una serie di eventi che ne hanno moltiplicato fascino e criticità: l'"Habemus Papam" che ha visto l'elezione dell'americano Leone XIV (Robert Francis Prevost) l'8 maggio, primo pontefice a stelle e strisce e già impegnato in appelli su clima, migrazioni ed equità sociale; il vertice trilaterale a Palazzo Chigi in cui la premier Giorgia Meloni ha fatto da ponte fra il vicepresidente USA JD Vance e la presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen, provando a riannodare i fili di un dialogo transatlantico sfilacciato; e, al Foro Italico, gli Internazionali BNL d'Italia che hanno incoronato Carlos Alcaraz e Jasmine Paolini, quest'ultima prima azzurra a trionfare dal 1985. Complice il risveglio di primavera, poi l'anticipo d'estate, la città si è riempita come non accadeva da anni.
Luci diffuse ma anche ombre ben marcate. Rimanendo a due passi dal Pantheon, il locale che più sorprende per accoglienza, qualità e prezzi onesti è ancora Miscellania: frequentato da orde di turisti americani eppure protetto dall'arte dell'ospitalità di Mikey (Michelangelo), che da 42 anni supervisiona sala e cucina con la rapidità di un direttore d'orchestra.
Suo vicino, il "classico" Caffè Sant'Eustachio ribadisce il proprio status di meta di culto: baristi impeccabili e una miscela che lo ha reso la caffetteria più famosa di Roma — e, dicono gli addetti ai lavori, fra le più ambite al mondo.
Il rovescio della medaglia è una capitale avvolta dai ponteggi: da Piazza Venezia all'Altare della Patria, dalla Colonna Traiana fino a interi isolati di via del Corso e palazzo Chigi, centinaia di facciate sono in restauro. Il visitatore, che già paga una tassa di soggiorno fino a 10 euro a notte a seconda della categoria dell'hotel, si ritrova spesso a passeggiare in un cantiere a cielo aperto.
Fontana di Trevi ormai impone la levataccia: se non si arriva all'alba, l'iconico lancio della monetina diventa pura teoria, soffocato da una folla impenetrabile. Alla Porta Santa (e più in generale ai Musei Vaticani) le code chilometriche partono già da via della Conciliazione; con pazienza — o con un esborso considerevole per "fast track" e visite guidate — si entra. Idem al Colosseo, dove le file speciali fanno la differenza a volte, fra quattro ore al sole e venti minuti di attesa.
Poi c'è il capitolo delle delusioni. Il Caffè Greco (da tempo in processo di sfratto), su via Condotti, un tempo tappa obbligata di letterati e musicisti, oggi colleziona recensioni impietose quasi tutte su questa linea "Tremenda fregatura a Roma, state alla larga da questo posto. Prezzi completamente abusivi, servizio pessimo, qualità del cibo mediocre, servizio lento e tutto in generale un'esperienza miserabile", sulla linea della mia esperienza — arrivo alle 9, orario di apertura, tavolino minuscolo, menù in A4 plastificato da paninoteca, gettato lì — conferma il coro: cappuccino di qualità da bar turistico di seconda fascia a 12 euro, tramezzino già secco a 14. Quattro persone, oltre 100 euro per una colazione mediocre. Rubare il turista non è più un "trucco romano" ma un danno per l'immagine stessa della città: un velo pietoso sul servizio (nota 1 per la storia, 0 su tutto il resto), maleducazione della funzionaria da premio Oscar. Lo sfratto sarebbe una soluzione per dare il locale a persone che trattino lo stesso per il suo valore storico e non per la vergogna che è diventato.

Eppure Roma si riscatta sempre. La stratificazione di arte, storia, fede e vita quotidiana rimane magnetica; esistono indirizzi — dal Miscellania al Sant'Eustachio, dai ristorantini di Trastevere ai mercati rionali — in cui chi ama la città si impegna ogni giorno a farla brillare. Ma se il Campidoglio sogna una tassa di soggiorno "da nove euro o più", allora dovrà restituire qualcosa di tangibile a chi quella tassa la paga: meno transenne, più decoro, servizi degni di una capitale mondiale, controllo al mercificato mondo dei ladri di storia. Solo così la "tirannia delle orecchie" potrà trasformarsi in un'armonia capace di rendere eterna non solo la bellezza di Roma, ma anche l'esperienza di chi la vive, sia pure per pochi giorni.
Djàvlon