Storia delle sette fiumare

13.06.2023

Storia delle sette fiumare racconti e memorie.

Una pagina facebook molto interessante e non potevamo non citarla e prendere in prestito una sua storia, di lotte sacrifici, tanta fatica, sogni, ma anche di storie, quelle vere, di mogli, madri, serve e sante.

Le Donne Eccezionali

"Mamma mia, dammi cento lire

Che in America voglio andar

Cento lire io te le do

Ma in America no, no, no

Mamma mia, dammi cento lire

Che in America voglio andar

Cento lire per le scarpette

Ma in America no, no, no".

Così cantavano le nostre giovani donne al rientro dalle lunghe giornate di lavoro, quando, piegate in due, con piedi nudi bagnati dal sirinu delle limpide giornate d'inverno, cogghivanu 'livi, fiori di gelsomino o incartavano purtualli; mentre la schjumara calava para para e la tramontana scumbigghjava il sipario grigio fatto di nuvole prene, svelando la maestosa cima di Mungipeddhu.

Cantavano al vento festeggiando, con vesti e vantali di mille culuri, la gioventù della vita che vinceva la fatica e nutriva il futuro di nuove speranze, mentre le madri, con gli abiti scuri, versando gocce d'olio nei piatti colmi d'acqua pi cacciari 'u malocchiu, continuavano a dire: "Comu voli Diu, comu voli Diu, figghja".

Storia fatta di tempo e di giuste attese per quell'olio e quel profumo che fu ricompensa per le giornate di lavoro, pane e nutrimento, luce che illuminava le tenebre delle notti senza luna, unguento che sanava le scavigghiature, scongiuro per le paure ancestrali, sacramento per la vita eterna.

Storia di mani svelte che cogghivunu cocci di 'livi e fiori dolci come se sgranassero le corone dei rosari, invocando la Madonna da Muntagna per un giorno di sole in più, per la grazia che la ricchezza di quell'olio fatto d'oro e sudore si potesse conservare anche per l'anno venturo.

Quando si parla di Donne e lavoro, in generale, sembra troppo semplice citare l'esempio indomito delle lotte combattute e vinte, per tutti noi, dalle Mondine.

Lotte portate avanti da donne dalla tenacia irripetibile, esempio per i tutti i lavoratori.

Delle donne del Sud, ed in particolare di quelle calabresi, i media nazionali daranno conto con servizi documentaristici e interviste soltanto dalla metà degli anni sessanta del'900 denunciando il ritardo secolare delle condizioni di vita delle raccoglitrici di olive della Piana di Gioia Tauro e delle Gelsominaie di Brancaleone, rivelando l'esistenza di vite ancora immerse nel clima descritto da Verga nella sua "Nedda" pubblicato il 15 giugno del 1874.

Eccezionali, così almeno dall'Inps, fino agli anni settanta del secolo scorso, venivano definite le lavoratrici meridionali che non riuscivano a mettere insieme almeno centocinquanta giornate di lavoro continuative e per le quali era difficile eseguire un calcolo dei contributi da versare.

Ma quelle donne, mogli dei nostri avi e dei nostri nonni, erano eccezionali per tanti motivi. 

Erano costrette ad essere mogli, madri, serve e sante

Donne inserite in una società organizzata dagli uomini per gli uomini.

Donne costrette ad avere ed esercitare tanti, forse troppi, ruoli contemporaneamente ed a seconda delle stagioni erano, allo stesso tempo, lavoranti a domicilio come ricamatrici e filatrici; braccianti nel terreno di famiglia mentre il marito era costretto a lavorare a salario quello degli altri proprietari; raccoglitrici e scartatrici di arance, limoni, olive, gelsomino e di uva per la vendemmia; operaie nei magazzini di agrumi, nelle filande, nei palmenti, nelle fabbriche di derivati agrumari. Venditrici ambulanti e casalinghe.

Donne che fin da bambine erano costrette a lavori che gli uomini ritenevano poco onorevoli, considerate dalla legge esseri minorati, consegnate alla tutela degli uomini che le sfruttavano, violentavano e spesso uccidevano.

Animali da soma costrette al lavoro dall'alba al tramonto per integrare il salario del capofamiglia che difficilmente poteva bastare al sostentamento della famiglia bracciantile. 

Impiegate nei giardini e nei magazzini in un lavoro promiscuo e molto spesso notturno che implicava la presunzione di un comportamento sessuale troppo libero.

Donne alle quali, nonostante tutto, era affidata la difesa dell'onore dell'uomo e della famiglia.

Le tagliapiedi, come ci riferisce la moglie di un caporale in una testimonianza raccolta da Marinella Fiume nel suo fondamentale lavoro sull'onore femminile, pressappoco erano tutte buttane, c'erano quelle buone ma era un'eccezione che una donna che andava a lavorare nella ciurma con gli uomini e a incartare i limoni era una donna onesta. 

Donne che con la loro sapienza ed il loro massacrante lavoro fecero la fortuna delle nostre aziende agrumicole come riferiva Ferdinando Alfonso nel suo Trattato sugli agrumi del 1875: "Lavorando nei magazzini, le incartatrici godono il salario di 65 centesimi al giorno; invece le scartatrici hanno la rimunerazione di 85 centesimi per giorno. 

Questa differenza di trattamento è bene intesa, in quanto che le prime operaie eseguono un lavoro puramente meccanico; mentre che le altre devono impiegare la loro intelligenza per distinguere le frutta magagnate da quelle integre ed eliminarle a tempo utile.

In generale, la sorte degli agrumi è affidata alle scartatrici, le quali possono rovinare migliaia di frutti nelle casse includendovi bacche magagnate e facili a marcire.

Le operaie suddette, senza distinzione alcuna, sono obbligate a prestare l'opera loro, nei magazzini o altrove, dall'alba al far della sera, riposando mezz'ora per la colazione ed un'ora pel pranzo verso mezzogiorno.

In questo caso i proprietari non sono tenuti a darvi commestibili di sorta, né anco le stesse arance, che sogliono mangiare sottraendole furtivamente.

Invece lavorando nei giardini la passano meglio, avendo diritto al desinare e a godere l'uso dell'arance, che i giardinieri pero più non vi negano".

Sono passati anni, secoli e le nostre donne, nonostante tutto continuano a sorreggere le nostre famiglie, le nostre comunità. 

Sono passati anni, secoli e le donne continuano ad essere uccise e violentate quotidianamente, sembrano essere pensate dalle nostre società occidentali, quelle più civilizzate, quelle più ricche, quelle dei diritti civili, alla stregua di mezzi per perpetuare l'utilitarismo autodistruttivo dell'uomo sull'uomo. 

La nostra storia testimonia e ci insegna che fin quando le nostre donne non saranno esseri liberi e compiuti vivremo una vita a metà.

Foto: Raccoglitrici di olive in Calabria negli anni '50.