Democrazia Esplosiva

Guerre, povertà, disoccupazione. Ogni dibattito, prima o poi, arriva a un punto cruciale: cos'è davvero la democrazia? Cosa la distingue da una dittatura o da un'autocrazia?
Sono domande urgenti, oggi più che mai.
Mai nessuno ha saputo rispondere con tanta lucidità come fece Giorgio Gaber, nel 1996, nel suo celebre monologo "La democrazia".
Un testo che affronta il cuore del problema: una democrazia sempre meno democratica, svuotata nel senso, tradita nella pratica.
Un sistema dove il referendum diventa forma senza sostanza, la rappresentanza si allontana dal popolo, e le decisioni più gravi — come la guerra — ci vengono presentate come inevitabili, da accettare anche se porteranno alla nostra distruzione.
Gaber lo diceva quasi trent'anni fa, ma le sue parole risuonano oggi più attuali che mai.
Vi riproponiamo il video e la trascrizione integrale di quel monologo: non è solo una riflessione, è uno specchio in cui guardare con coraggio.
"Dopo anni di riflessioni sulle molteplici possibilità che ha uno Stato di organizzarsi, sono arrivato alla conclusione che la democrazia è il sistema più democratico che ci sia. Dunque c'è la democrazia, la dittatura e… basta! Solo due.
Credevo di più. La dittatura, chi l'ha vista, sa cos'è. Gli altri si devono accontentare di aver visto la democrazia.
Io, da quando mi ricordo, sono sempre stato democratico. Non per scelta, per nascita. Come uno che quando nasce è cattolico, apostolico, romano.
Cattolico, pazienza. Apostolico non so cosa vuol dire. Ma anche romano…
Del resto, come si fa oggi a non essere democratici? Sul vocabolario c'è scritto che la parola democrazia deriva dal greco e significa potere al popolo. L'espressione è suggestiva e poetica. Ma in che senso potere al popolo? Come si fa? Questo sul vocabolario non c'è scritto.
Si sa però che dal '45, dopo il famoso ventennio, il popolo italiano ha acquistato finalmente il diritto al voto. È nata così la democrazia rappresentativa, nella quale tu deleghi un partito, che sceglie una coalizione, che sceglie un candidato che tu non sai chi è e che deleghi a rappresentarti per cinque anni. E se lo incontri ti dice "lei non sa chi sono io". E infatti.
Questo è il potere del popolo. Ma non è solo questo. Ci sono delle forme ancora più partecipative.
Il referendum, per esempio, è una pratica di democrazia diretta. Non tanto pratica in realtà. Attraverso la quale tutti possono esprimere il loro giudizio su tutti.
Solo che se mia nonna deve decidere sulla variante di valico Barberino-Roncobilaccio, ha effettivamente qualche difficoltà. Per fortuna deve dire solo un sì, se vuole dire no, e un no, se vuole dire sì. In ogni caso, ha il 50% di probabilità di azzeccarla.
Comunque il referendum ha più che altro un valore simbolico, perché dopo aver discusso a lungo sul significato politico dei risultati, tutto resta come prima, chi se ne frega.
Un altro vantaggio che la democrazia offre a mia nonna, cioè al popolo, è la libertà di stampa.
Nei regimi totalitari si chiama propaganda e tu non puoi mai sapere la verità. In democrazia si chiama informazione, che per maggiore chiarezza ha il vezzo di essere pluralista. Sappiamo tutto, sappiamo tutto ma anche il contrario di tutto.
Pensa che bello. Sappiamo che l'Italia va benissimo, ma che va anche malissimo. Sappiamo che l'inflazione è al 3, al 4, al 6 o anche al 10%.
Sappiamo che i disoccupati sono il 12%, non si sa bene di cosa, e che possono aumentare o diminuire a piacere a seconda di chi lo dice. Un'altra caratteristica della democrazia è che si basa esclusivamente sui numeri, come il gioco del Lotto. Anche se meno casuale, ma più redditizia.
Più largo è il consenso del popolo, più la democrazia o chi per lei ci guadagna. Quello del popolo mi ha sempre dato un grosso problema per chi governa. Se ti dà il suo consenso, vuol dire che ha capito, che è consapevole e anche intelligente. Se no, è scemo. Comunque l'importante è coinvolgere più gente possibile, intendiamoci.La democrazia non è nemica della qualità. È la qualità che è nemica della democrazia. Mettiamo come paradosso che un politico sia un uomo di qualità. Mettiamo anche che si voglia mantenere a livelli alti. Quanti lo potranno seguire? Pochi, ma buoni? Eh no, in democrazia si vogliono i numeri, e che numeri. Bisogna allargare il consenso, bisogna scendere alla portata di tutti, bisogna adeguarsi.
E un'adeguatina oggi, e un'adeguatina domani, e l'uomo di qualità ci prende gusto e tac! Una abbassatina. Poi c'è un altro che si abbassa più di lui e tac, tac, un'altra abbassatina. Ogni giorno si abbassa di 5 centimetri.
E così, quando saremo tutti scemi allo stesso mondo, la democrazia sarà perfetta".
Cosa ci volete fare lo hanno definito comunista, e lui lo dice, ma ne fa anche l'analisi: "Qualcuno era comunista perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo. Perché sentiva la necessità di una morale diversa.
Perché forse era solo una forza, un volo, un sogno, era solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vitaForse qualcuno lo definirebbe persino "complottista".
Oggi, il messaggio di Gaber sembra più vicino alla destra che alla sinistra. Ma poi — a destra di cosa? E a sinistra di cosa? Chissà cosa avrebbe detto, con la sua ironia tagliente, davanti alla pandemia e al Green Pass, o di fronte a tutte le sciocchezze dette, scritte e imposte da chi oggi si auto definisce "di sinistra" — ma, di nuovo, sinistra rispetto a cosa?
Siamo, forse, arrivati a un capolinea.
E come diceva lui: "con un'adeguatina oggi, un'adeguatina domani", siamo finiti tutti allo stesso livello… quello della confusione, dell'appiattimento, dell'assurdo.
Una democrazia talmente perfetta…
che spero di non dover un giorno chiamare ... esplosiva.
Andrea Ruggeri