Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali
Voci, silenzi e censure tra pandemia, guerre e scippi al Sud
Nel 1967 la Chiesa Cattolica istituiva la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali con l'obiettivo di riflettere sul ruolo della parola, sulla libertà di stampa, e sul diritto dei popoli a ricevere informazioni veritiere. Allora, nessuno poteva immaginare che mezzo secolo dopo avremmo dovuto parlare – proprio in questa giornata – di censure sistemiche, di voci oscurate, di bugie mediatiche spacciate per verità ufficiale, soprattutto nei momenti in cui il mondo più aveva bisogno di trasparenza.

La pandemia: la censura travestita da "protezione"
Durante la pandemia da COVID-19 siamo stati travolti da un diluvio informativo senza precedenti. Apparentemente, tutto era sotto gli occhi di tutti. Ma nella realtà, dietro le conferenze stampa e i bollettini quotidiani, molti medici, scienziati indipendenti e giornalisti scomodi sono stati messi a tacere. E la chiesa era complice di tutto questo.
Chi provava a raccontare carenze del sistema sanitario, effetti collaterali dei vaccini o semplicemente a porre domande fuori dal coro, veniva (e in alcuni casi ancora viene) etichettato come "complottista" o "nemico della scienza".
Contenuti cancellati, profili sospesi, opinioni oscurate.
Era ed è davvero tutela della salute pubblica, o si trattava di una censura ben mascherata?
Ucraina, Gaza e l'informazione di guerra
Con la guerra in Ucraina, la propaganda ha cambiato volto ma non sostanza. In Russia, chi definisce "guerra" l'"operazione speciale" rischia la galera. Ma in Europa è anche peggio, si è proceduto a oscurare media russi e voci fuori dal coro che raccontano altre versioni e smascherano false narrazioni come quella di Bucha.
Oggi, con la tragedia in corso a Gaza, assistiamo a un blackout ancora più brutale: reporter uccisi, linee internet interrotte, fonti umanitarie silenziate, decine di migliaia di bambini morti, giovani stroncati improvvisamente. La narrazione cambia in base alla bandiera.
Chi decide cosa possiamo sapere? E chi decide quale verità possiamo ascoltare?
Parole forti quelle di Bergoglio... e le contraddizioni dei suoi
Bergoglio, nel messaggio per questa Giornata nel 2024, ha detto:
"Abbiamo bisogno di una comunicazione che sappia entrare nel cuore delle ferite del mondo, senza manipolare né censurare."
Parole forti, parole giuste. Ma poi uno dei giornali più vicini al Papa, "Avvenire", ha attaccato con durezza giornalisti indipendenti che difendevano il governo Bolsonaro in Brasile, appoggiando una vera è propria dittatura giudiziaria, con brogli omerici, contro l'80% del popolo e mentre altri media continuavano a raccontare una versione semplificata della politica latinoamericana, appiattita sull'ideologia globalista e pandemica.
Un esempio lampante di quanto la verità dia fastidio quando non conviene a chi detiene i canali della comunicazione.
Sud Italia: da terra di mafie a terra saccheggiata (in silenzio)
E il Sud? Oggi come ieri viene raccontato solo come "terra di 'ndrangheta", come se le vere regie del malaffare si trovassero tra le viuzze della Locride o le campagne della Piana, e non nei consigli d'amministrazione di Roma, Milano o Bruxelles.
Nel frattempo, diritti e risorse vengono sottratti sistematicamente al Mezzogiorno, nel silenzio assordante di una stampa che si gira dall'altra parte.
Cercando anche di minare la costruzione di infraestrutture fondamentali come "Il ponte sullo stretto"
Chi decide cosa si racconta del Sud? Chi dà voce alle scuole che crollano, agli ospedali vuoti, ai giovani che emigrano per mancanza di alternative?
La comunicazione "ufficiale" preferisce parlare d'altro. Di Sud si parla solo se c'è un arresto eccellente o un'indagine spettacolare con centinaia di arrestati che vengono poi, messi in libertà, ma la statistica resta.
Quando il popolo vota "sbagliato"
Oggi in Polonia ha vinto un partito sovranista, contrario all'aborto, alle unioni civili e alla contraccezione d'emergenza. È giusto? È sbagliato? È democratico.
Ma quanti lo racconteranno come un'espressione legittima del voto popolare? Quanti invece lo etichetteranno come "deriva pericolosa", "minaccia all'Europa", solo perché non piace alle élite?
Quando il popolo vota bene (per loro), dicono che è democrazia. Quando vota male (per altri), dicono che è populismo.
Una comunicazione che non ha paura
Oggi più che mai servirebbe una comunicazione che non abbia paura di dire, ma anche di ascoltare. Una comunicazione che non si pieghi al potere, che dia voce ai territori, ai quartieri, ai popoli dimenticati. Una comunicazione che racconti anche quando la verità è scomoda. Come la nostra.
E da Reggio Calabria – l'ultima città ribelle alle imposizioni - da questo Sud che ha visto tutto e ha capito molto – sappiamo che il silenzio non è sempre pace. A volte è complicità.
Conclusione
Celebrare questa giornata non è solo ricordare i giornalisti uccisi o le storie censurate. È chiedere conto di come si decide oggi cosa possiamo sapere, chi possiamo ascoltare, chi possiamo diventare.
Perché senza parole libere, non c'è libertà. E senza libertà, non esiste giustizia.
E non esiste democrazia se i popoli possono solo parlare… quando conviene a chi li ascolta.
Ve lo racconto il 2 giugno che come ci dice con un posto su X Giorgia Meloni nostro primo ministro: "celebriamo la nascita della nostra Repubblica. Un giorno che ci ricorda chi siamo: un popolo fiero, capace di rialzarsi dopo le prove più dure, tenendo saldi i valori della libertà, dell'unità e dell'identità nazionale. Celebrare l'Italia oggi significa onorare chi ha dato la vita per difenderla, e chi ogni giorno la serve con coraggio, dedizione e silenzioso orgoglio. Essere italiani vuol dire appartenere a qualcosa di grande, che va difeso, amato, trasmesso. Buon 2giugno a tutti. Viva l'Italia!
Aggiungo io con una comunicazione sociale libera da schemi e riporto l'appello di San Giovanni Paolo II:
- Operatori della comunicazione, non date dell'uomo una rappresentazione mutila, distorta, chiusa agli autentici valori umani!
- Date spazio al trascendente, che rende l'uomo più uomo!
- Non irridete i valori religiosi, non ignorateli, non interpretateli secondo schemi ideologici!
- La vostra informazione sia sempre ispirata a criteri di verità e di giustizia, sentendo il dovere di rettificare e di riparare quando vi capitasse di incorrere in errore.
- Non corrompete la società e, in particolare, i giovani con la rappresentazione compiaciuta e insistente del male, della violenza, dell'abiezione morale, compiendo opera di manipolazione ideologica, seminando la divisione!
- Sappiate, voi tutti operatori dei mass-media, che i vostri messaggi giungono a una massa che è tale per il numero dei suoi componenti, ciascuno dei quali, però, è uomo, persona concreta e irripetibile, che va riconosciuta e rispettata come tale. Guai a chi avrà dato scandalo, soprattutto ai più piccoli (cfr. Mt 18, 6)!
Il compito più importante non è quello di trasformare il mondo, ma quello di trasformare noi stessi.
Giovanni Paolo II
Andrea Ruggeri