Lacrime nel trionfo di Sinner alle ATP Finals
PERCHÉ UMBERTO FERRARA È SCOPPIATO IN LACRIME DOPO IL TRIONFO DI SINNER ALLE ATP FINALS
Quando Jannik Sinner ha sollevato il trofeo delle ATP Finals, l'Italia del tennis ha esultato. Ma dietro quell'immagine perfetta, ce n'è un'altra che ha colpito tutti: Umberto Ferrara, il preparatore atletico, in lacrime. Un pianto vero, liberatorio, quasi incontenibile. Per capirlo bisogna guardare oltre la superficie, dentro un rapporto ricostruito pezzo dopo pezzo e dentro una stagione che ha chiesto molto di più di ciò che è apparso in campo.
Le lacrime di Ferrara non sono state il gesto emotivo di chi vince. Sono state il segno di una ferita che si chiude.
Ferrara era stato allontanato dal team dopo il caso Clostebol, una vicenda gestita tra sospetti, titoli facili e giudizi sommari. Lui e Sinner, però, avevano costruito qualcosa che non si spezza con un'ombra: rispetto, professionalità, fiducia. Quando Jannik ha deciso di riportarlo con sé, non ha fatto una scelta tecnica, ma umana. Ha detto: "Ho bisogno di te". E questo, per chi lavora nel silenzio, spesso nell'ombra, vale più di qualsiasi vittoria.
Sinner è altoatesino: solido, composto, abituato a cadere poco e a rialzarsi senza rumore. Ferrara è emiliano-romagnolo: più istintivo, più "Burdël" (ragazzo), direbbero in romagna. La loro forza, però, sta proprio in questa miscela: la stabilità dell'uno e l'emotività dell'altro.
Le lacrime di Torino hanno ricordato che dietro questi atleti non esistono macchine, ma esseri umani che soffrono, cadono, sbagliano, si rialzano. E che, quando ritrovano un posto che credevano perduto, l'emozione diventa esplosiva.
Da due anni assistiamo a una delle più belle rivalità della storia recente: Sinner e Alcaraz. Due ragazzi che si affrontano senza risparmiarsi, che danno vita a partite mai viste, e che un minuto dopo sono amici. È sport allo stato puro. È ciò che racconteremo ai nostri figli e nipoti, come oggi raccontiamo di Federer, Nadal e Djokovic.
Sinner e Alcaraz hanno riportato il tennis a una dimensione quasi ingenua: lotta feroce, amicizia sincera, rispetto assoluto.
Sicuramente una lezioni agli imbecilli di turno.
Perché sì, c'è anche questo. Lo sport è pieno di gente che non sa emozionarsi, e allora attacca, insinua, distrugge. Ferrara non ha pianto solo per la vittoria: ha pianto per aver sconfitto anche loro, quelli che vivono di sospetti perché non sanno creare nulla di grande.
Le sue lacrime hanno segnato un punto fermo: basta con la vergogna di processi inutili, basta con i giudizi affrettati. Si torni allo sport, al lavoro, al sudore e al merito.
Quel pianto è stato la vittoria più importante della serata: la vittoria dell'uomo sul rumore di fondo. Del professionista sul pregiudizio. Di un team che ha saputo proteggere il proprio atleta e ricostruire una famiglia.
Ferrara aveva mille motivi per commuoversi. E noi mille per comprenderlo.
Perché la storia di Sinner non è solo quella di un campione che vince.
È la storia di un ragazzo che sceglie le persone giuste.
E di un uomo che, finalmente, può tornare a respirare.
Andrea Ruggeri
Ps. Per noi reggini. Sinner ha vinto per la terza volta con la maglia amaranto, un'emozione in più qui nel profondo e meraviglioso sud.
