NO a occhiali con microcamera a bordo delle navi

29.12.2025
hwupgrade.it
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Occhiali con microcamera a bordo delle navi: tecnologia banale, diritto confuso e storytelling mediatico.

La notizia circolata sui social secondo cui MSC, nota compagnia di crociere, sarebbe prossima a bandire a bordo delle proprie navi gli occhiali Ray-Ban x Meta nasce e si sviluppa interamente all'interno di un equivoco. Un equivoco che coinvolge tecnologia, diritto e narrazione mediatica, mescolando piani diversi fino a produrre una percezione distorta del problema.

Gli occhiali Ray-Ban x Meta non sono, in senso tecnico, "occhiali intelligenti", come parte della stampa li ha definiti. Si tratta semplicemente di un dispositivo dotato di microcamera e microfono, attivabili volontariamente dall'utente, esattamente come avviene per le videocamere presenti negli smartphone che milioni di persone portano quotidianamente in tasca. La presenza di una telecamera non implica alcuna forma di intelligenza autonoma: l'intelligenza, semmai, entra in gioco solo successivamente, quando le immagini vengono elaborate, montate o rielaborate tramite sistemi di intelligenza artificiale.

Il vero nodo, tuttavia, non è tecnologico ma giuridico. È lecito registrare immagini o audio tra persone presenti? La giurisprudenza italiana e internazionale risponde in modo piuttosto netto: la registrazione effettuata da chi è fisicamente presente è lecita. Le sentenze della Corte di Cassazione hanno chiarito che non si tratta di intercettazione abusiva, purché il soggetto che registra partecipi direttamente alla situazione ripresa. Diverso è il caso di dispositivi lasciati incustoditi o di registrazioni effettuate in assenza del soggetto, che rientrano nel perimetro dell'illiceità.

Il confine giuridico, dunque, non riguarda tanto la ripresa in sé, quanto la successiva diffusione del materiale. È la pubblicazione, la finalità e il contesto a determinare eventuali responsabilità, non l'atto di documentare ciò che avviene alla propria presenza. Vietare a priori ogni forma di registrazione significherebbe comprimere un diritto fondamentale di autotutela e documentazione, riconosciuto dall'ordinamento.

Eppure, l'introduzione di dispositivi come gli occhiali con microcamera pone una questione nuova: cosa significa "presenza" quando le immagini mostrano esclusivamente altri soggetti e non chi registra? La presenza, dal punto di vista giuridico, è fisica e non visiva, ma una registrazione continua, discreta e difficilmente percepibile può trasformare la documentazione di un evento in una raccolta sistematica della vita altrui. Qui il diritto tradizionale mostra i suoi limiti, non tanto perché la pratica sia illegale, quanto perché diventa socialmente invasiva.

Il contesto della nave da crociera accentua ulteriormente il problema. La nave è uno spazio privato ad accesso pubblico, regolato da un contratto di trasporto e sottoposto a sorveglianza costante. In questi ambienti, il gestore può imporre limiti ulteriori rispetto alla disciplina generale, purché proporzionati e non discriminatori. Il divieto, quindi, non avrebbe natura penale ma contrattuale.

Resta però da interrogarsi sulle reali motivazioni. In un ambiente chiuso, promiscuo e fortemente controllato come una nave da crociera, il timore potrebbe non riguardare tanto la privacy dei passeggeri quanto la possibilità di documentare dinamiche scomode: tensioni, comportamenti impropri, errori gestionali. Un dispositivo che registra senza essere immediatamente visibile rappresenta una minaccia al controllo del racconto, più che alla riservatezza individuale.

Da questo punto di vista, un divieto generalizzato appare giuridicamente fragile sul piano della coerenza, soprattutto se continuano a essere ammessi smartphone, videocamere e altri strumenti di ripresa evidenti. La distinzione non si fonda sulla capacità di registrare, ma sulla percepibilità del mezzo, trasformando una questione tecnica in una minaccia generalizzata.

Al di là delle norme, rimane infine una dimensione umana e culturale. Viviamo in un'epoca in cui la privacy sembra dissolta e il diritto di riprendere qualsiasi cosa si è trasformato in un vero e proprio culto. Ci si filma mentre si mangia, si ride, si piange, si cammina, persino nell'intimità, per poi diffondere immagini su piattaforme che prosperano sull'esposizione continua della vita altrui, fino alla loro manipolazione tramite intelligenza artificiale o alla creazione di avatar digitali.

In questo scenario, il disagio non nasce tanto dalla pubblicazione delle immagini, quanto dal fatto stesso di essere ripresi continuamente senza saperlo. Essere "normali", oggi, sembra diventato il vero elemento di differenziazione. E forse è proprio questo il punto cieco del dibattito: non tanto se sia lecito registrare, ma perché si senta il bisogno costante di farlo.

Djàvlon

Fonte; MSC ; RadioRadio

Ps . MSC evidenzia in una nota che i potenziali rischi legati alla possibilità di effettuare riprese non consensuali in contesti particolarmente delicati: spa, aree relax, spogliatoi, ma anche procedure di sicurezza, controlli ai terminal portuali o zone riservate all'equipaggio. In questi scenari, la presenza di dispositivi capaci di registrare in modo discreto rappresenta un problema sia sul piano della privacy sia su quello della sicurezza operativa.

A ciò si aggiunge il tema della responsabilità legale. Consentire l'uso di occhiali smart potrebbe esporre la compagnia a contenziosi nel caso in cui un ospite venga filmato o registrato senza consenso.

Il regolamento non si limita a una raccomandazione. Gli occhiali intelligenti rientrano nell'elenco degli oggetti vietati nelle aree pubbliche e il personale di bordo è autorizzato a intervenire. In caso di utilizzo in spazi condivisi - come ristoranti, teatri, lounge o ponti esterni - è prevista la possibilità di confisca del dispositivo.