Possiamo ancora chiamarla Festa della Madonna?

Non vorremmo apparire polemici, ma i fatti parlano chiaro: Reggio Calabria, grazie a Falcomatà, è diventata l'ultimo baluardo di una politica che piega perfino la Festa della Madonna alle proprie convenienze. Quella che dovrebbe essere la ricorrenza religiosa e civile più sentita dai reggini, si sta trasformando in un'arena di provocazioni politiche.
Lo scorso anno fu il caso Fedez, che alla Festa della Madonna arrivò a definirsi "nemico di Gesù e Maria". Quest'anno la strategia è cambiata, ma la sostanza resta la stessa: campagna elettorale travestita da festa popolare. Una tecnica che piace solo a chi ha già calpestato i valori religiosi sotto i piedi.
Dopo le polemiche generate dai Modena City Ramblers al Sunsetland, al Reggio Live Fest 2025 sono saliti sul palco i Bandabardò, storica band folk-rock fiorentina, e i Patagarri, gruppo milanese emerso da X Factor. Due formazioni dichiaratamente schierate a sinistra, entrambe pro-Palestina. I Patagarri, addirittura, fecero scalpore al concerto del Primo Maggio quando, sulle note di Hava Nagila – canto simbolo della tradizione ebraica – urlarono "Palestina libera". La comunità ebraica di Roma reagì con durezza:
"Appropriarsi della nostra cultura per invocare la nostra distruzione è ignobile. C'è qualcosa di macabro in quell'esibizione. Sentire lo slogan che chiede la cancellazione di Israele è un insulto e una violenza inaccettabile".
Parole durissime, sulle quali Falcomatà è passato sopra con leggerezza, quasi ballando una tarantella politica.
Una festa che non è più di tutti
La Festa della Madonna dovrebbe unire, non dividere. E invece diventa il palcoscenico di messaggi ideologici. L'Arena Ciccio Franco – intitolata a una figura simbolo della destra reggina – trasformata in luogo di ritrovo per Rifondazione Comunista. Piazza Indipendenza – legata ai Moti di Reggio – ridotta a spazio per slogan partigiani. Appropriazione culturale? Sì, e pure spregiudicata.
Durante i concerti sono sventolate bandiere della Palestina, striscioni "Free Palestine" e perfino vessilli "No Ponte". Ma cosa c'entra il Ponte sullo Stretto con la Festa della Madonna? Chi porta una bandiera "No Ponte" a teatro o a un concerto popolare? È evidente che si tratta di una scelta politica mirata, funzionale a un certo pubblico e a un certo consenso.
Ma la Festa è di tutta la città
Ed è qui il punto: il Reggio Live Fest e la Festa della Madonna non appartengono a un gruppo ristretto, ma a tutti i reggini e i turisti. Anche a chi non simpatizza per i pro-Pal, anche a chi condanna Hamas (che curiosamente nessuno nomina mai), anche a chi considera il Ponte sullo Stretto un'opera strategica per l'Italia, già approvata dal CIPESS. Voci che a Reggio, però, non trovano spazio.
Sabato scorso, in Piazza Duomo, il quadro della Madonna si è piegato pericolosamente, rischiando una tragedia religiosa oltre che civile. Un simbolo eloquente: la Festa stessa sembra piegarsi sotto il peso di una politica che la usa come strumento elettorale in vista delle Regionali.
Stupisce, e non poco, il silenzio del Vescovo, che non solo tollera ma a volte appoggia certe derive, come già accaduto lo scorso agosto con il plagio dei viaggi di San Paolo.
Il messaggio è semplice: fate pure la Festa dell'Unità, come in Emilia, ma non durante la Festa della Madonna. Perché il rispetto verso i credenti e verso la città si sta consumando. E a questo punto restano solo due strade: o i reggini reagiscono nelle urne, oppure smettano di lamentarsi.
Djàvlon