Stanno cancellando la Ferrari?

Stanno cancellando la Ferrari? E la passione per le corse degli italiani in specifico dei romagnoli.
Come può un imolese cancellare il Gran Premio di Imola per favorire un secondo GP in Spagna? L'Italia non merita meno Formula 1. Imola è un circuito storico, carico di emozioni, di vittorie leggendarie e tragedie che hanno segnato la storia della F1. È un simbolo, non solo per i tifosi italiani, ma per tutto il motorsport mondiale. E invece? Ancora una volta è tutta una questione di soldi, non di emozioni.
Lo sport, quello vero, sta scomparendo sotto il peso del business. Sta diventando qualcosa per ricchi, uno show da TV e PlayStation, non più un'esperienza viva, popolare, autentica. Niente più odore d'olio, di benzina, niente più vibrazioni in petto quando passa una Ferrari. E pensare che l'autodromo di Imola porta il nome di Enzo e Dino Ferrari.
E chi firma questa cancellazione? Proprio lui, Stefano Domenicali. Un imolese. Un ex dirigente Ferrari che non ha lasciato grandi ricordi, e che ora, da presidente della F1, continua a smantellare pezzo dopo pezzo il sogno dei tifosi.
Domenicali sta vendendo l'anima della Formula 1 agli Stati Uniti e ai petrodollari, svuotando di significato le radici europee del Circus. È sotto la sua guida che la Ferrari ha cominciato a perdere la sua identità, e ora ne comprendiamo meglio le ragioni (sperando che la pessima gestione del passato non abbia nulla a che vedere con il suo attuale ruolo — anche se, a pensar male, qualche volta ci si prende)
La scusa? Le emissioni. Dai smettila rs rs rs Davvero vogliamo credere che chiudere Imola sia un atto ecologico, mentre nel mondo le multinazionali inquinano impunemente? Chiudiamo Imola, ma lasciamo aperta la Saudi Aramnco, ma e il GP in Arabia Saudita, non lo cancellate? Questa e la maggior impresa inquinante del pianeta e la Chevron Corporation seconda nella classifica inquinante (ma negli Usa abbiamo ben 3 GP), Domenicali per lo meno non prenderci per i fondelli.
E mentre il pessimo imolese parla di "una stagione indimenticabile, con motori alimentati da carburanti al 100% sostenibili", a noi viene solo da ridere (o da piangere). Ma chi va in autodromo vuole sentire l'odore dell'olio bruciato, del carburante, delle gomme sull'asfalto, vuole il rombo dei motori, non il silenzio del greenwashing.
Il sindaco Marco Panieri che conosco e stimo per l'impegno e il presidente dell'Emilia-Romagna De Pascale hanno giustamente espresso "amarezza" per la decisione, ricordando che "questa notizia non rappresenta affatto la parola fine", ma De Pascale, l'amarezza non basta devi tirare fuori le unghie stiamo parlando di uno dei prodotti più importanti della sua regione, ... i motori.
E allora rimarcano de Pascale e Panieri, "questo non è il tempo delle polemiche, degli scaricabarili e di abbandonarsi alla rassegnazione. Ora è il tempo, per tutti, di assumersi le proprie responsabilità e riprendere i ragionamenti per un ritorno in calendario. Ecco perché nei giorni scorsi, già dal 26 maggio, abbiamo chiesto al Governo e all'autorità sportiva un Tavolo Istituzionale per approfondire con precisione termini e modalità di sostegno e lavoro congiunto per riportare il Gran Premio di Formula 1 a Imola". E sarà nell'ambito di questo Tavolo "e in linea con l'attenzione che il Governo ha sempre dimostrato nei nostri confronti, proseguiremo il percorso per tornare protagonisti, come Paese, come Made in Italy, come Regione e come territorio nel calendario di Formula 1. La visione di una sempre maggiore polifunzionalità dell'Autodromo come centro di crescita, diplomazia sportiva, sviluppo, innovazione e cultura, resta una garanzia.
Ma per noi italiani, emiliani, e soprattutto per i romagnoli, che non siamo politici è un tradimento. Domenicali non ha solo cancellato un GP, ha rotto un patto non scritto con un popolo intero. Qui, nella Motor Valley, da Maranello a Misano, passando per Imola, Mugello e Faenza, da Bologna a Tavullia, non si fanno solo motori e piloti: si costruisce passione.
E questa passione non può essere spenta da chi ha dimenticato da dove viene.
Andrea Ruggeri