I monumenti non si toccano

01.11.2025

Non ne avevo parlato perché ero impegnato nel lancio di Caminhos de Paulo, un'iniziativa fantastica avvenuto giorno 28 nel terrazzo del del bellissimo Museo nazionale di Reggio Calabria (quello dei Bronzi di Riace per intenderci), ma anche perché quello che stava succedendo in Calabria era un accumulo di notizie. E io scrivo anche per giornali in Brasile, Argentina e USA, quindi il tempo era corto tra elezioni regionali, ponte sullo Stretto e viaggi.
Ma ora non posso esimermi dal fare questa analisi su una cosa che comincia a spaventarmi: la scarsa preparazione storica e la mancanza di rispetto verso la storia, l'archeologia e la sacralità dei monumenti a Roma.

Infatti, Piazza Augusto Imperatore — cuore pulsante della Roma imperiale — si è svegliata orfana dei suoi guardiani verdi. Negli ultimi giorni, le motoseghe hanno abbattuto 67 cipressi secolari che per oltre 80 anni avevano incorniciato il Mausoleo di Augusto, il monumentale sepolcro eretto nel 28 a.C. dall'Imperatore per sé e per la sua dinastia.

Una decisione che ha scatenato un'ondata di indignazione tra cittadini, ambientalisti e politici, che accusano l'amministrazione Gualtieri di un vero e proprio "albericidio" in piena era climatica.

Finora sono 67 i cipressi abbattuti, piantati sul finire degli anni '30 durante i restauri. Il progetto, avviato nel 2020 dal sindaco Raggi, prevede la creazione di una passerella anulare al posto del bosco sacro (una pazzia) e la ripiantumazione di altri cipressi a crescita lenta. C'è da sperare che non muoiano come tutti gli altri piantati nel corso di questa amministrazione a guida Gualtieri. I romani, ed il mondo, per ora, hanno visto solo alberi a decesso rapido.

La cosa interessante è che l'amministrazione attuale dice di averlo fatto per motivi di sicurezza pubblica. Cioè, improvvisamente, tutti — e ripeto, tutti — gli alberi della Corona Sacra (o Bosco Sacro perché il Mausoleo è un cimitero) sarebbero diventati pericolanti, malati e a rischio caduta. Tutti assieme?

Perché non curarli?
Perché non esiste un rapporto ufficiale su questo?
Perché non si fa una consulta pubblica?
Perché non si rispetta la storia e, principalmente, la sacralità del monumento e degli stessi alberi che ne fanno parte?

Loro dicono che li sostituiranno con piante giovani e nuove a crescita lenta. Ma porca miseria, mica è il balcone di casa, mica è un giardinetto pubblico, non è il giardino di Gualtieri: è il Mausoleo Sacro di Augusto!

Allora, domani, se cade una pietra dal Colosseo, cosa facciamo? Lo buttiamo giù e lo rifacciamo? O ne modifichiamo una parte senza prove e senza parlarne con il mondo?
Sì, con il mondo — perché ROMA è la città storico-artistica e archeologica più importante del pianeta, caspita!

Ok, non volete che altri superino la sovranità nazionale. Ma allora parlatene con i cittadini di Roma, con il Governo, con gli archeologi. Poi, magari, mostrando le prove — che non esistono — si può anche fare un'operazione di trasferimento e rimessa in opera.

Queste cose mi ricordano l'incompetenza romana e non solo sui nostri gioielli, monumenti, statue e altro. Ad esempio, a Reggio Calabria arriva qualcuno e immediatamente cambia da "tomba di Giulia figlia di Augusto" a "tempio" l'analisi degli scavi di Piazza Garibaldi. Poi arrivano altri e nascondono i resti della tomba e della basilica di Santo Stefano da Nicea primo vescovo d'Italia lasciato da San Paolo, smentendo gli archeologi locali e modificando il luogo.

Scambiano templi giudaici con altro, abbandonano e coprono scoperte storiche, e peggio ancora, identificano la storia dei Bronzi con racconti totalmente inventati — magari chiacchiere siracusane o ateniesi — senza portare una sola prova reale, solo perché inventate da star televisive o animatori di circo.
Mentre altri, che di prove ne portano a bizzeffe, dalle terre di fusione a significativi dati di archeologi di reale fama e competenza, vengono presi poco in considerazione.

E sapete perché vengono presi poco in considerazione?
Perché reggini.

È come se un professore perché nato a Roma non valesse nulla nel giudicare l'archeologia romana, un ricercatore veronese non potesse parlare dell'Arena di Verona, un luminate milanese del Duomo di Milano, uno storico siracusano dell'Ortigia.
Insomma, stiamo donando il potere sulla nostra storia, arte e archeologia a incompetenti concorsati o a professionisti e professori seri.
O forse il controllo su tutto questo non esiste più?

Andrea Ruggeri