Una presa in giro ai danni dei calabresi

Non avrei voluto tornare a parlare delle elezioni regionali. Sono finite: ha vinto Roberto Occhiuto, punto e basta.
Ma – e lo ripeto, MA! – ci sono cose che non si possono semplicemente archiviare.
Parlo di uno degli avversari di Occhiuto: Pasquale Tridico.
Come si può partecipare a una campagna elettorale per diventare presidente della Regione Calabria se della Calabria non ti è mai importato nulla?
Scusate la franchezza, ma veniamo ai fatti riportati da più testimoni: Tridico in Calabria non voleva neanche venirci, e questo dice già tutto.
Sempre lontano dalla regione, impegnato in altre battaglie personali, cosa voleva fare qui? Quale contributo pensava di dare?
Eppure alla fine è venuto. Il richiamo del potere? La pressione di partiti incapaci di schierare i propri candidati dopo anni di errori e fallimenti? Qualunque sia stata la ragione, Tridico ha accettato la candidatura controvoglia, anche se pubblicamente cercava di negarlo.
Poi sono arrivati i primi scivoloni: una conoscenza imbarazzante della Calabria, gaffe geografiche e politiche, mugugni catturati nei corridoi, e un'agenda che definire approssimativa è poco.
Il risultato? Una presa in giro ai danni dei calabresi.
Lo ha espresso chiaramente anche Domenico Giannetta, capogruppo di Forza Italia al Consiglio regionale, rispondendo a Tridico:
"Il centrodestra calabrese e il presidente Roberto Occhiuto non hanno mai nascosto le difficoltà della regione. Abbiamo sempre cercato soluzioni concrete, respingendo il pessimismo sterile e chi getta fango sulla Calabria."
E allora la domanda sorge spontanea:
"Chi ha preso in giro i calabresi?"
La risposta, secondo Giannetta, è netta: Pasquale Tridico.
Per mesi ha riempito la Calabria di slogan emotivi — "Resta. Torna. Crediamoci", "C'è una Calabria che resiste", "Calabria mia, terra mia" — salvo poi fare l'esatto contrario: dimettersi dal Consiglio regionale e fuggire in Europa, verso una poltrona più comoda e meglio retribuita.
Un atto che contraddice in pieno tutto ciò che aveva predicato ai giovani calabresi.
Altro che "resta" o "torna": il primo a scappare è stato proprio lui.
Per i calabresi questa è una fuga che offende.
Una fuga che dovrebbe finire nei manuali di educazione civica come esempio di ciò che un rappresentante non deve mai fare.
Una fuga che dovrebbe ricordare a tutti chi non votare mai più, indipendentemente che si presenti sotto le bandiere del campo largo, della sinistra o dei 5 Stelle — forze politiche che predicano bene ma, nei fatti, troppo spesso razzolano male.
La Calabria merita rispetto.
La Calabria merita coerenza.
E questa vicenda deve servire da monito: chi tradisce l'impegno preso con i cittadini non solo deve andare via, ma non deve più tornare a chiedere voti.
Masaniello Pasquino
