Miramare, il ritorno al punto di partenza

18.09.2025

Tra promesse mancate, memorie politiche e il dubbio che avevano ragione "gli altri"

Scusatemi se mi intrufolo nella vicenda Miramare, ma questa storia la conosco bene. Alcuni anni fa, durante la prima gestione Falcomatà, portai un imprenditore americano a visitare l'hotel. L'idea era di acquistarlo e rilanciarlo in chiave di turismo di lusso, con un investimento per l' acquisto da 10 milioni di euro. Il progetto era ambizioso: creare un gruppo chiamato Mari del Sud, con collegamenti tra Taormina, Siracusa e Tropea.

All'epoca, però, quell'imprenditore non fu neppure ascoltato. La risposta secca fu: «l'hotel sarà in gestione ad altri». Ce ne andammo. L'investitore acquistò comunque un albergo a Taormina, ma poi abbandonò il piano complessivo, spaventato dalla totale mancanza di apertura e visione mostrata a Reggio.

Oggi il bando, domani l'asta

Oggi il sindaco Giuseppe Falcomatà annuncia che il Miramare sarà messo in vendita. Base d'asta: 13 milioni e 900 mila euro. Termine per presentare le offerte: il 20 ottobre 2025. Poco più di trenta giorni per decidere, visitare, analizzare costi, permessi, licenze e business plan. Un tempo ridicolo: nessun imprenditore internazionale serio può muoversi con simili scadenze. A meno che non sapesse già tutto prima, comprese le scadenze.

Il peso politico di una contraddizione

C'è un paradosso che pesa come un macigno. Lo stesso Falcomatà che oggi firma la delibera, da consigliere di opposizione tra il 2011 e il 2012 si scagliava contro la giunta Arena accusandola di voler "svendere i gioielli di famiglia". Oggi, 15 anni dopo, il Miramare torna al centro della scena nello stesso modo: venduto al miglior offerente. Nessuna alternativa costruita, nessun progetto condiviso. Solo un ritorno al punto di partenza.

Il percorso travagliato

In questi anni il Miramare non ha conosciuto alcuna riqualificazione sostanziale. L'unico tentativo rimasto celebre è stato quello dell'assegnazione "creativa" a un amico, vicenda che costò a Falcomatà un processo e una sospensione di 18 mesi dalla carica di sindaco, prima dell'assoluzione in Cassazione. Il risultato concreto? Zero. L'immobile è rimasto fermo, simbolo di una città che non riesce a decidere sul proprio patrimonio.

Le domande inevase

E allora le domande sono inevitabili:

  • Avevano ragione Scopelliti e Arena, quando proponevano la vendita e il Pd gridava allo scandalo?

  • Vendendo 15 anni fa si sarebbe potuto evitare il disavanzo che portò allo scioglimento del Comune nel 2012?

  • Perché proprio ora, a fine mandato e con la possibilità concreta di non essere più alla guida della città, si decide di accelerare?

  • Perché bandire un'asta con tempi che sembrano scritti apposta per chi sapeva già tutto?

Amara conclusione

Il Miramare, dopo anni di attese e promesse, non viene restituito alla collettività, ma semplicemente messo in vendita. Proprio come 15 anni fa, quando ci si scandalizzava all'idea. La differenza è che oggi il gesto appare "normale", quasi inevitabile.

Forse il vero scandalo non è la vendita in sé, ma il fatto che in tutto questo tempo non si sia costruita o accettata un'alternativa. E che ancora una volta i cittadini siano spettatori impotenti davanti a logiche che somigliano più a partite politiche e di potere che a una visione per la città.

Intanto i gruppi dei viaggi come "Caminhos de Paulo" devono cercare fuori Reggio l'ospitalità che manca a Reggio, povera di edifici dedicati a ricevere numeri importanti.

Andrea Ruggeri