Quello che è successo a Rio de Janeiro

29.10.2025

Attenzione nel link immagini che potrebbero urtare la tua sensibilità

Tutti condannano la mancanza di supporto del Governo Lula.

Quello che è successo a Rio de Janeiro è il riflesso di ciò che il Brasile soffre da quando il colpo di stato delle urne, degli algoritmi e dei giudici — che hanno portato Lula al governo — si è intrufolato nel paese.

Giudici falsi e corrotti dal potere, spesso ex avvocati degli stessi gruppi criminali. Fazioni che si contendono il controllo del territorio e dei traffici di droga, armi e altri affari illegali.
La polizia viene accolta a colpi di M16 e risponde con droni, fucili di precisione ed elicotteri. Sulle strade restano i corpi di oltre 120 persone: più di 60 uccise dalla polizia, 4 agenti caduti per mano dei banditi e altri 60 o più vittime di regolamenti di conti tra fazioni, approfittando del caos.

Le strade del quartiere Penha sono piene di corpi. Ma in Italia pochi comprendono fino in fondo tutto questo, perché persino la morte di centinaia di giovani sembra dover sempre generare un guadagno politico. Una vera e propria vergogna.

I fatti

I poliziotti stavano eseguendo una serie di arresti frutto di mesi di indagini sul Comando Vermelho (Comando Rosso), una delle principali organizzazioni criminali del paese.

Il governatore di Rio de Janeiro, Claudio Castro, del Partito Liberale, in una conferenza stampa ha dichiarato che il crimine organizzato è il maggior problema del Brasile e che il suo epicentro è proprio Rio de Janeiro.
Secondo Castro, i morti sarebbero 58, ma il numero viene aggiornato di ora in ora. In queste situazioni, chi deve regolare conti con altri lo fa senza esitazioni — lo si capisce dai corpi senza testa recuperati: i poliziotti non tagliano teste, questa è una pratica tipica dei regolamenti di conti tra fazioni rivali.
Per esempio, una signora di 60 anni, nella frazione di Costa Barros, è morta a causa di una fazione del Comando Vermelho che, nascondendosi nella sua casa per sfuggire alla polizia, è stata a sua volta attaccata da un'altra fazione criminale, il Terceiro Comando Puro (TCP).
Le fazioni criminali a Rio de Janeiro e in Brasile si sono rinforzate con l'arrivo del governo Lula; prima, con il presidente Jair Messias Bolsonaro, erano state sconfitte e si erano ridotte. Ma i giudici federali — gli stessi che condannano l'ex presidente senza processo e senza prove sostanziali, che incarcerano anziani, donne e bambini che protestavano vestendo i colori della bandiera del Brasile — hanno dato un incentivo all'aumento del crimine organizzato.

Secondo la Defensoria Pública (Pubblica Difesa), invece, i morti sarebbero già 128, in aumento.
Il governatore ha aggiunto che le uniche vere vittime, a suo dire, sono i quattro poliziotti uccisi dopo essere stati accolti da raffiche di mitra.

Il silenzio del governo federale
Il governo federale — cioè Lula e i suoi compagni — con un deficit nel primo anno di gestione di 27 miliardi di real (quando con Bolsonaro aveva un surplus e andava a gonfie vele), non ha mosso un dito per appoggiare l'operazione. Questo ha contribuito a scatenare una vera e propria battaglia a colpi di mitragliatrici, fucili, droni ed elicotteri, lasciando soli i poliziotti di Rio de Janeiro, che però sanno come rispondere — ma non lo fanno con i taser come i nostri "cattivi carabinieri", bensì sparando per uccidere (o morendo per mano loro).

Ora il ministro della Giustizia e della Pubblica Sicurezza (o "insicurezza", nel governo Lula) Ricardo Lewandowski, dopo tale tragedia, ha firmato — con un ritardo di centinaia di morti — un

È doloroso vedere i corpi di tanti giovani distesi sulle strade della Penha, ma i criminali non possono continuare a dominare favelas, quartieri e cittadini, imponendo ogni genere di violenza, oggi ne sono caduti tantissimi, ma in Brasile in un anno si passano i 60mila omicidi e questo non può continuare così. 

Tutto questo grazie ai banditi che non vengono più puniti, in Brasile i giudici hanno deciso di punire le persone perbene che protestavano, donne, vecchi e bambini, per il colpo di stato nelle urne e chiedendo l'intervento dei militari. Se lo avessero fatto oggi sulla strada della Penha invece di corpi ci sarebbe stato il mercato e tanti giovani allegri ballando e "paquerando" (flertando o amoreggiando).

Durante il governo Bolsonaro, gli atti criminali e gli omicidi nel paese erano diminuiti di oltre il 60% in pochi anni, con una riduzione costante. Ora, con Lula e il cosiddetto "governo dei giudici", quei numeri sono tornati a livelli estremi, e sempre più persone chiedono agli stati una soluzione.

Ma come si può trovare una soluzione se la giustizia e il governo centrale sono moralmente complici di ciò che accade?

I giovani perduti

Quei ragazzi — che avrebbero potuto avere un lavoro dignitoso, studiare, praticare sport o intraprendere una carriera militare — giacciono ora freddi sull'asfalto. Madri, fidanzate, famiglie piangono sui loro corpi; il Brasile sta perdendo una generazione intera.

Io, che ho figli, nipoti, amici e colleghi in Brasile, non posso che soffrire davanti a questa tragedia. Ma il dolore non basta: la verità va detta, scritta e gridata. Non si può più tacere. Non possiamo continuare a sacrificare i nostri giovani a politiche che, sul campo, finiscono per giustificare il crimine e punire la popolazione.

Chi ha responsabilità — politici, magistrati, giudici, trafficanti e autorità nazionali e o locali— deve rendere conto. È dovere del giornalista raccontare senza sconti, ascoltare le vittime e mettere in luce chi, con azioni o omissioni, alimenta questo ciclo di morte.

Non cerco sconti retorici: chiedo azioni concrete. Prevenzione, istruzione, lavoro, sport e percorsi di riscatto sono le contromisure vere, quelle che l'ex presidente Bolsonaro stava facendo. Altrimenti rimarremo solo spettatori impotenti mentre un'intera generazione va in fumo.

Djàvlon

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